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martedì, novembre 30, 2004
Dell'immortalità, della simulazione e di altre pippe sul futuro del cinema. 

immagine
Immortel (ad vitam) - E. Bilal - 2004

Non mi aspettavo molto da questo film (premetto che non conoscevo Bilal e i suoi fumetti) , e l'ho visto per pura curiosità in merito alle tecniche realizzative. Ma al contrario di quello che mi succede di solito (dove il pregiudizio è confermato nel finire della visione) sono stato costretto a ricredermi. Non che il film sia un capolavoro o che sia immune da difetti, ma ritengo questo film estremamente sottovalutato.
Se nella trasposizione al film, gli ambienti e i personaggi di un romanzo verrnno sicuramente rappresentati diversi da come ce li siamo immaginati (senza che ne soffriamo più di tanto, visto che la nostra era una pura fantasia, e la delusione che ne deriva può essere paragonata a quella che si prova quando vediamo la voce di un speaker della radio) ma per il fumetto la questione è diversa, le immagini ci sono già date nella loro integrità e nel passaggio al cinema questa integrità sarà obbligatoriamente perduta a causa del necessario utilizzo di risorse fisiche (attori, macchine da presa, luci, hardware in una parola) che non potranno mai riportare la perfezione autoreferenziata di un personaggio dei fumetti, dove non c'è l'illusione di realtà in sè, ma siamo noi (la cultura) ad attribuirla.
Anche adesso la simulazione digitale è più vicina al disegno che alla fotografia, ma evitando quanto possibile (che è molto difficile nel mio caso) di essere utopici, possiamo credere che in un prossimo futuro sarà molto difficile distinguere riproduzione fotografica e simulazione digitale.
Per questo la decisione di utilizzare gli umani esclusivamente per le parti da protagonista (quello che manca ancora ai personaggi sintetici è una leggerezza nella mimica e nei riflessi, intesi come reazioni non controllate a degli stimoli esterni) , ma calati in un mondo completamente costruito in computer grafica, se a livello estetico non riesce a raggiungere incisività (ma ritengo che la causa di questo parziale fallimento sia dovuta alla differenza in termini di soldoni che questo film paga nei confronti di produzioni a budget altissimo; data la non eccelsa realizzazione pare che i personaggi siano usciti da un videogioco e questo porta fuori strada la percezione del film.) a livello teorico la scelta è senza dubbio da condividere. Utilizzare la simulazione per quello che l'occhio meccanico non può rappresentare, o rappresenta tradendo obbligatoriamente.
Bilal si erege a paladino dell'integrazione (senza dimenticare i problemi che questa comporta...in tutti i campi, come sottolineava Malcom X integrazione non è un bene di per se). Il film sembra continuamente rivolgere allo spettatore un'invito ad integrare, a mescolarsi, a superare le barriere culturali e formali, Emarginiamo gli alieni (nel doppio senso che qusta parola ha in inglese) in zone speciali, come la computer grafica è stata fino ad adesso relegata ai margini della cultura (ma sappiamo bene con quanta difficoltà un nuovo mezzo entra nell'olimpo dell'arte). Ma quello che mettiamo sotto, al lato (dopo [postproduzione]) e tentiamo di nascondere, di placare docilmente (utilizzandolo per esempio come in SKy Captain) emergerà dal sottosuolo in modo violento e incontrollato (9/11/2001) .
Ma non volevo soffermarmi sul lato politico del film (che finalmente porta tematiche di sinistra in un contesto ormai dominato dalla reazione) piuttosto parlare di come queste due anime del cinema contemporaneo(quella sintetica e quella fisica) in questo film siano (se mi si concede il gergo politichese) convergenze parallele. Intendo dire che (come nella storia del film) umano (il cinema) e divino/trascendente (la computer grafica .....perchè non legata ad un corpo) lottano fra loro per una supremazia, ma è appunto nell'esperimento fallito che sta il più grande merito del film. I due modi non si implementano l'uno nell'altro, rimangono distanti, non riescono ad unire i loro corpi, e ci si sente delusi come quando si è lasciata sfuggire una grande occasione. Il film (nei suoi intenti e nel messaggio che dispensa nel suo parziale fallimento) sostiene che non ci potrà essere il cinema del futuro (o semplicemente un cinema che prosperi) fino a quando queste due anime continueranno a lottare fra loro, e parafrasando il film, solo quando queste due anime sapranno fare l'amore e generare una nuova classicità si potrà parlare di qualcosa di realmente nuovo. Ma perchè questo accada c'è bisogno di una tecnica in grado di non far notare la differenza fra fotografia e computer grafica, che un personaggio di un fumetto o il frutto della fantasia più malata venga percepito come reale.
Poi ci sarà spazio per lo straniamento, per l'autoriflessività, per il confronto fra i due modi, ma adesso abbiamo bisogno di classicità, di stabilità delle forme, di sincera allenza, di collaborazione, di sviluppo...e di un vero capolavoro!
Mi si dirà che i lavori Pixar possono essere definiti tali, e sono daccordo, ma non li ritengo capolavori del nuovo cinema del computer, semplicemente perchè l'innovazione tecnologica non è supportata da un'adeguata innovazione delle forme, si riprende la vecchia classicità, aggiornandola con un tocco di riflessività e di autoironia, perchè come ha sottolineato Kekkoz dopo Shrek è ormai l'obbligo del metalinguismo.
La Pixar segue in tutto e per tutto la strada tracciata dalla Disney, si avvale di nuove tecnologie sì, ma senza curarsi delle altre (infinite) potenzialità che queste permettono.
Bilal (e mi viene da pensare sopratutto a Oshii) non si limitano ad usare le nuove tecnologie, ma lavorano, sperimentano, falliscono... per costruire un linguaggio che possa soddisfare le esigenze e le potenzialità dei due modi al fine di crearne uno realmente nuovo.
Infatti le potenzialità più grandi non vengono da ciò che si può rappresentare, ma dal come. La fisicità di una macchina da presa è una prigione per il modo di rappresentare (sebbene ritengo che la tecnologia sia comunque il vero confine che definisce i limiti della produzione culturale/artistica, un dipinto è così perchè si è usato un certo tipo di pennelli, di colori, di tele, la mano del pittore è libera solo entro quei confini e quelli della sua mente) .
E anche oggi, quando la corporalità della mdp potrebbe essere superata, lanciandosi in improbabili quanto inesplorati modi di muoverla e posizionarla, si rimane ancorati al vecchio modo di concepire il cinema. Penso che una delle vie più fertili vada ricercata nella sperimentazione dei tipi di inquadratura e di movimenti che si compiono quando si gioca ad un videogame in 3d; movimenti leggeri, spesso irrazionali e che si basano tutti sulla forma sferica e sul posizionamento del personaggio di gioco (e quindi di noi stessi) non al centro della rappresentazione, ma al centro del mondo. Se nel videogioco i movimenti irrazionali attorno al giocatore siano non solo innocui e divertenti, ma anche necessari per vedere sempre quello che più mi interessa (e quindi mi permettono di non morire) nel cinema questa funzione è totalmente sterile (perchè non siamo noi a decidere cosa vedere), e appunto per questo motivo riuscire a creare un linguaggio che attribuisca un senso a questi nuovi modi di rappresentare è di fondamentale importanza (e questo perchè le nuove forme non vengono dal cinema, appartengono a qualcosa di totalmente diverso, con finalità e metodi diversi, ma entrambe le forme hanno saputo fare dell'elasticità e della capacità di mangiare (e sopratutto di cacare) le altre serie della cultura che le circonda).
Ed è quello che ha provato a fare Bilal, quello che è parzialmente riuscito a fare Oshii nel suo Avalon.
Spero che la fusione fra Cinema e Computer Grafica avvenga nei termini di un reciproco scambio, lasciarsi alle spalle sia il cinema tradizionale sia il videogioco (che è quanto più vicino al cinema possiamo trovare nella computer grafica) . Non intendo dire che questi due medium si fonderanno, scomparendo l'uno nell'altro. Ma che una terza via non solo è auspicabile, ma necessaria per rappresentare in modo dignitoso e fedele un fumetto, un videogioco, una fantasia malata.

domenica, novembre 28, 2004
The Incredibles - Pixar Studios - 2004 

incredibles
Potrei parlavi dei meriti e dei demeriti del film, ma se ne è già parlato esaustivamente su altri cineblog ed eviterò di ripetere ciò che è gia stato sapientemente scritto.
A me il film è piaciuto ed ha entusiasmato, e proprio nel modo di rappresentare la famiglia, il sogno americano, il buonismo (i sogni) che ho trovato i lati migliori.
La descrizione delle relazioni parentali è efficace e divertente senza divenire pesante o caricaturale, il film riesce addirittura a commuovere senza risultare melenzo, utilizza gli stereotipi certo, ma in modo saggio ed efficente. Tutto questo al fine di sprigionare ottimismo da ogni Pixel (anche forzato e smisurato), far uscire la gente dal cinema (o quando preme eject sul proprio lettore dvd) con una buona carica di felicità ed illusione... tanto che mi sembra improbabile non farsi contagiare dal buon umore e dalla fiducia...Fiducia nel sogno americano, nella famiglia, celebrata ed innalzata a baluardo dei valori e della cultura. Non c'è alcun personaggio che si elevi sopra agli altri perchè sono appunto gli Incredibles ad essere protagonisti.
Semplice, ingenuo, e smargiasso...
Come non amarlo!?

sabato, novembre 27, 2004
Stacy - The Attack of the schoolgirls Zombie - M. Tomomatsu - 2001 

Stacy
Nel prossimo futuro le scolarette muoiono inspiegabilmente per poi trasformarsi in zombi(chiamate Stacy), le squadre speciali Romero Repeat-Kill provvedono all'eliminazione delle giovani redivive. In tv si pubblicizza la motosega di Bruce Campbell per affettare gli Zombie. Un marionettista conosce e si innamora di una ragazza che dovrà trasformarsi in una Stacy e che forse comanda anche le altre...
E' un film malato; esagerato anche negli eccessi, sanguinario e divertentissimo, a patto di non prendere niente sul serio e che lo si guardi senza la pretesa di dare un senso a ciò che si vede. Girato interamente con una digicam con uno stile al metà fra il televisivo e il pornografico, si concentra sulle scene di smembramenti e mattanze, per poi dilungarsi fino ad annoiare in sequenze sentimentaloidi tra il marionettista e la ragazzina. E' un Japgore che diverte soprattuto per la leggerezza nel trattare i maestri americani e nella presa in giro delle squadre di supereroi giapponesi che salvano il mondo. Ma il regista non sembra in grado di gestire i tempi (delle sequenze non splatter) e il sentimentalismo che immette nel film.
Questo pare essere il primo film del regista, che sembra abbia una carriera alle spalle come direttore di film Porno (ed infatti l'esibizione del sangue, delle interiora, dei corpi smembrati è di puro stile pornografico. Mostrazione cruda) e che abbia avuto una torbida relazione con una sua attrice, studentessa delle scuole superiori... ma poichè le fonti non mi sembrano attendibili, e dato che le accuse sarebbero molto gravi, evito di dire quello che ho dedotto dal riflettere a posteriori sul film alla luce di quelle informazioni.
Da vedere se si è amanti del genere o se la vostra nippofilia è smisurata...anche consigliato a chi è curioso di sapere fin dove una mente malata si può spingere...Io mi sono divertito un sacco ^_^

venerdì, novembre 26, 2004
Il Carretto Fantasma - V. Sjöström - 1921 

il carretto fantasmaUn ubriacone irrecuperabile, passa le sue notti a bere e fumare, abbandonato dalla moglie e malato di TBC rifiuta anche l'aiuto di una sorella laica (?!) che lo vorrebbe redimere ....ed è anche segretamente innamorata di lui, ma verrà contagiata dalla tisi, e sul letto di morte chiederà di rivedere per l'ultima volta il suo segreto amore. Che è a bere e fumare con amici, ma in seguito ad uno scontro con uno di questi verrà ucciso, e siccome è la notte di capodanno sarà costretto ad errare con un carretto per prendere l'anima dei morti, come narra un'antica leggenda....ritroverà un'umanità, sarà redento dalle lacrime nel vedere la moglie prossima al suicidio e per questo gli sarà concesso di tornare in vita.
Se siamo capaci di guardare oltre i limiti di un drammone sentimental-moraleggiante che oggi può far sorridere, scopriamo un film dalla costruzione spazio-temporale veramente singolare, le sequenze si succedono ora mettendo a fuoco un personaggio ora l'altro, alternando parti realistiche ad altre fantastico-surreali al limite dello sperimentale (in gran parte del film ci sono personaggi-fantasmi che recitano in sovrimpressione/trasparenza) . La narrazione procede a scatti; ora si va avanti, poi si torna lungamente indietro, si vanno ad indagare aspetti secondari (in prima impressione) che andranno poi a sviluppare il nucleo dell'insegnamento che il regista voleva impartire. Una vita semplice e senza eccessi è una vita felice. E solo da questo punto di vista che il film si lascia guardare.
Sarà azzardato, ma nel modo di costruire questo film ho trovato il modo di produzione fordista, pezzi singoli assemblati uno dopo l'altro per formare un'oggetto omologato e universalmente percepito allo stesso modo. Pulp Fiction è interpretato come simbolo del postfordismo [l'alieno e il pipistrello - G. Canova] (nelle sue storie fondamentalmente autonome le une dalle altre, senza che ci sia una morale e un'ideologia meditata e inoculata, i concetti sono dispensati in modo "leggero" [al contrario della classicità e del modernismo...che era molto HardWare]...ma anche di Pulp Fiction troviamo delle interpretazioni moraliste (cercatele in rete, sono molto interessanti) che separerebbero PF da Il carretto fantasma solo per il diverso uso che fanno delle sequenze, in PF meno pedagogiche, ma forse non meno morali (ma dubito che Tarantino lo abbia fatto per moralizzare il suo pubblico, forse più per divertisment)....noi siamo i deboli nella valle delle tenebre e l'unico modo di salvarci è fare una vita dalla condotta morale impeccabile.
Ma non solo...nel continuo passaggio fra realtà e fantasia, lunga è l'influenza (inutile sottolineare quella avuta sui surrealisti) che questo film ha avuto, IMHO fino a 2001, Cronenberg e Lynch.

martedì, novembre 23, 2004
Maria Full Of Grace - J. Martson - 2004 

locandinaUna ragazzina colombiana non si accontenta del misero futuro che le rose le prospettano (lavora in una serra di floricoltura), aspira ad arrivare molto più in alto (economicamente e geograficamente) ma il lavoro salariato paga poco e permette a mala pena di sopravvivere. Così stanca del suo capo-rale, del suo ragazzo (ah...mi ero scordato che la protagonista è anche incinta) decide di accettare di fare la mula, mangiare mezzo chilo di eroina (inghiottendolo in comodi ovetti da +10g caduno) , e portarlo negli States in cambio di 5000$.
La storia è semplice ed essenziale, ci si occupa solo delle ragazze e del viaggio che affrontano, il dramma personale (di chi mette in gioco la propria vita nella speranza che questa migliori) viene affrontato da vicinio, stando sempre al servizio dei personaggi, ci si commuove e condividiamo la tensione (magistrali le sequenze del viaggio in aerero e dei controlli in dogana, dove un montaggio veloce e angoli di ripresa assolutamente neutrali ci trasmettono tutta la tensione di una situazione (apparentenente) normale) e sebbene la straordinaria (nella sua semplicità e leggerezza) recitazione della giovaanissima e attraente Catalina Sandino Moreno riesca sempre a farci empatizzare con il suo personaggio, il regista riesce a non far cadere il film nel melodramma sdolcinato (primo rischio a cui era esposto il film) né a trasformare il tutto in un'analisi political-pedagocica sul sistema della droga e sui suoi metodi (secondo rischio del film), ma si mantiene severo, semplice senza essere banale e struggente senza essere melenzo.
Lo spettatore attento sarpà riconoscere anche le continue frecciate alla socitetà (nessuno escluso) e all'alienazione. Ed è proprio su questo punto che il film non riesce a mantenersi ad altissimi livelli, dopo essere passato indenne ai pericoli dell'ideologizzazione (di qualunque tipo) cade nel più vecchio e trito stereotipo. L'opposizione Città-Campagna. La prima (Bogotà o NY) come luogo di perdizione e la seconda come il luogo dell'innocenza perduta e dei vecchi principi.


venerdì, novembre 19, 2004
Alien Vs. Predator - P.W.S. Anderson - 2004 

Sotto i ghiacci dell'Antartico viene scoperta una misteriosa piramide che sembra risalire ai primi tempi dell'uomo. I Predatori tornarno sulla terra per una battuta di caccia all'Alien...
Per quanto possa sembrare azzardato l'accostamento, T. Anderson riesce a costruire un film divertente e onesto (nella rappresentazione). Il cacciatore feroce (che solo Schwarzy poteva battere) si scontrerà con la più temuta delle fiere,: gli insettoni più viscidi e mortali che si siano mai visti...
Come nel Primo Resident Evil, si aspetta per una buona mezz'ora fino a quando non si scatena l'inferno, ma si rimane il più possibile sobri e asettici nello stile, si fanno ammirare le creatures nella loro naturale mostruosità.
Anderson sembra proprio essere un conservatore del cinema, utilizza il meno possibile le simulazioni 3d, la messa in scena è essenziale, canonici movimenti iper-cinetici nelle scene d'azione, si concede qualche licenza con i facili giochi di luce realizzati tramite i laser dei puntatori dei fucili
che si muovono schizofrenici+ polvere nell'aria, ma per il resto la storia è compatta e riesce a far presa e a divertire; grazie al fatto che l'immaginario delle due creature non viene tradito e le loro nature (complementari e antitetiche) sono sufficenti a motivare uno scontro tanto immotivato quanto necessario.
Il film e Anderson parteggiano per il predatore (a cui si concede anche una sorta di umanità e moralità) il regista si prende qualche libertà con l'ambientazione, crea una specie di the cube , a cui è stata data la forma di una gigantesca piramide sotterranea. Ci si ispira alle cose Hawaksiane e Carpenteriane (per le location polari) , L'onnipresente Star Wars (i predator per la loro astronave hanno ingaggiato lo stesso arredatore dell'Impero) e una buona dose di Indiana Jones (per trappole, congengi vari e porte che si chiudono superate per un soffio)
Le atmosfere sono cupe ma non gotiche... il casting è al di sotto dell'impegno produttivo (ma tanto a chi interessano gli umani in questo film?!).
Una buon modo per evadere, e per quelli che hanno amato gli alieni e i predatori e si sono sempre chiesti chi fosse più stagno è da non perdere, ma non pensate di trovarvi di fronte ad un MasterPiece di alcun genere.
Visto che a livello ideologico non ci discostiamo molto da Sky Captain, eviterò di parlarne...

mercoledì, novembre 17, 2004
Sky Captain and The World of Tomorrow - K. Conran - 2004 

Il top gun dell'aviazione americana (Jude Law) salva il mondo insieme ad una reporter (Gwyneth Paaltrow), da un'orda di robot e altri gingilli meccanici che attaccano misteriosamente diverse parti del globo. Sembra che dietro tutto questo ci sia un vecchio scenziato (pazzo e precursore delle ambizioni naziste) sparito nel nulla dalla fine del primo conflitto mondiale....
Il film è ambientato in una NY dei primi anni 40, ma l'immaginario della tecnologia (utopica) spazia da il periodo post bellico della grande guerra fino agli anni 50, in un improbabile pastone di stili e atmosfere che seppur ben amalgamati fra loro lasciano il tempo che trovano, senza stupire, ne tanto meno emozionare..
Ma IMHO non è solamente merito delle nuove tecnologie di simulazione (che velano il tutto in una patina irreale) che questo forzato accomunare degli estremi (convivono razzi spaziali cinquanteschi con gli Zeppelin del bombardamento di Londra) risulta più o meno accettabile; non c'è solamente un'amore sfegatato per la storia di tutta la sci-fi e del cinema avventuroso. Sotterranea, subdola, scorre anche la paura, la paura di essere attaccati nuovamente nel proprio paese, ed ecco allora che Nazisti (per allusione diretta) e Comunisti (citando la sci-fi anni 50 volenti o nolenti si tira in ballo lo spauracchio rosso) si fondono per rappresentare il male assoluto, la minaccia più grande...e allora ecco che lo stile retrò acquista un senso, e la costante doppia allusione risulta accettabile come intero.
Niente di nuovo [mi ricordo di un film dove si va a combattere i nazi-comunisti sulla luna :) ] e quindi il male dovrà essere eliminato a tutti costi e con un solo mezzo auspicabile: la guerra; nello specifico l'areonautica (simbolo della potenza e della tecnica made in USA).
Ma anche sorvolando il lato ideologico, rimane un film piatto e vuoto, una citazione continua, soprattutto da Spilberg e Lucas (come si è fatto notare giustamente qui), ma non c'è Modding, non c'è ri-editazione personale, appropriazione, non c'è autore.
E se posso accettare che un aereo mentre sta precipitando si trasformi in sommergibile per entrare senza problemi nell'oceano, non è ammissible che un vecchio, seppur ipermodificato, p40 possa volare agile e scattante come un X-Wing!!!

Postilla...se invece di una parte inutile, ad Angiolina Jolie fosse stata affidata la parte dell'androide super cattivo, e questo personaggio fosse stato implementato nel racconto, probabilmente si sarebbe visto un film parecchio più solido e divertente...ma dei cattivi di una volta nel cinema americano non se ne vede nemmeno l'ombra :(.
Più riuscito è il cattivo più riuscito sarà il film...o qualcosa del genere...

domenica, novembre 14, 2004
Una Citazione anomala 

Riguardando per l'ennesima volta eXistenZ mi sono accorto che in uno dei tanti passaggi da una realtà all'altra, sul bancone di un negozio, viene appoggiato un videogioco, il videogioco si chiama "Hit by a Car" e per chi non conoscesse l'inglese vuol dire più o meno (visto che anche io l'inglese non lo conosco) investito da un'auto, dettaglio trascurabile in mezzo alla complessità del film, ma estremamente interessante se si considera quell'inquadratura (forse nemmeno un secondo) come una citazione.
Non ho avuto scrupoli nel considerare quel "videogioco" del film come una citazione diretta di un film del 1900 che si intitola appunto "how it feels to be run over" , che suona più o meno: "come ci si sente ad essere investiti". Il cinema offriva nuove possibilità alla percezione (in quel caso simulare senza conseguenze fisiche per lo spettatore di essere travolti da un'auto in corsa), ma ogggi non c'è più nessuna maraviglia nel vedere un treno in incessante avvicinamento o un oggetto travolgere la macchina da presa. Quella funzione (utilizzo) del cinema, è/sarà soppiantato dalla ricostruzione sintetica, non sarà solo quello, e forse sarà un momento di passaggio (di approccio) che lascierà il tempo che trova, ma Cronenberg con quell'inquadratura sembra sostenere che il Cinema non è più la pellicola, non è più la sala, non sono più i film, come anche Il critico sosteneva, il cinema deve essere ancora inventato...





mercoledì, novembre 10, 2004
PostModerno - Tarantino - Hip Hop - Software Libero 

E' sicuramente uno topos del postmoderno, e non pretendo di dire niente di nuovo.. ma è sorprendente come tre fenomeni che non hanno apparentemente niente in comune fra loro utilizzino lo stesso modus operandi , mi riferisco alle pratiche del riutilizzo e dell'assemblaggio, usufruire di materiali altri per produrre qualcosa di proprio. Nel cinema Tarantiniano, nel software libero, nella musica hiphop (con la pratica del sampling che ormai dilaga in qualsiasi tipo di musica) la creatività non sussite nell'inventare, nella creazione ex-nihilo ma nel riciclare, riutilizzare quello che è già stato fatto (la ruota non deve essere reinventata tutte le volte) per produrre qualcosa di personale, innovativo e creativo. Parlo cinema, software e hiphop non perchè siano l'unico esempio o il migliore, ma solo perchè ne ho un po' più confidenza.
Oltretutto, questi modi di concepire musica, creare software e fare cinema (ma anche costruire una macchina) si è sviluppato nello stesso periodo (sul finire dei settanta e l'ininzio degli ottanta) per arrivare a pieno compimento con il passaggio dagli ottanta ai novanta (il primo kernel di LinuX è del 91, lo stesso periodo era la golden era del rap e Tarantino esce con le Iene).
Se la visione alfabetica+prospettiva ha mutato profondamente le pratiche umane (McLuhan) è IMHO che la spersonalizzazione/immaterialità+software libero hanno cambiato il nostro modo di porci... Se Tarantino oggi si può permettere di riciclare praticamente tutto senza essere accusato di pirateria o plagio è paradossalmente grazie a Richard Stallman.
Viviamo in un'epoca dove la cre-azione è indipendente dall'invenzione...

martedì, novembre 09, 2004

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Doggy Poo - 2003 

Mediometraggio d'animazione SudKoreano realizzato con la tecnica passo uno; narra la storia di una merda di cane che col passare delle stagioni incontra zolle di terra, animali e foglie....
Una struggente (quanto teologica) riflessione sul senso della vita e sulla solitudine; anche se può non sembrare tutti abbiamo uno scopo che si realizzerà nel continuo ripetersi delle stagioni, fino a quando non ritorneremo alla terra dove siamo stati cacati.
Non siamo molto lontani dalla favola del brutto anatroccolo, ma è sicuramente singolare avere un ?protagonista-escremento? che si fa le domande ontologiche, tanto più che la coprofilia alla Mr. Hankey è praticamente assente....
Francamente non ho capito se questo sia un divertisment intellettuale o invece sia rivolto (con seri intenti pedagogici) ai bambini Koreani....

lunedì, novembre 08, 2004
UN PESCE CHIAMATO WANDA - C. CRICHTON - 1988 


Quattro improbabili malviventi complottano l'uno contro l'altro per accaparrarsi il bottino di una rapina e scappare insieme a Jamie Lee Curtis, qua ipocrita e individualista come gli altri della banda e sfrutta le collaudatissime strategie femminili per ottenere ci� che vuole...ma alla fine oltre ai soldi trover� anche l'amore. W lo Spoiler.
Non mi aspettavo un film cos� divertente! il repertorio � di puro gusto MontyPythoniano, tuttavia senza eccedere (o quasi mai) come di solito sono stati soliti fare nelle loro altre celeberrime produzioni. Aldil� dei tempi perfetti e della deliziosa suspanceironica che pi� e pi� volte si ripete per il nostro piacere, quello che mi � balzato alla mente � stato...Futurama, il nono episodio della quarta serie, Manager D'assalto...che � questo tizio qui :

Perch�? perch� i personaggi del film, (anche se sono quasi tutti inglesi) sono, per citare Futurama, degli ottantini rampanti e reganiani, sia nel film che nel cartone (anche se ovviamente su due registri diversi) si ridicolizzano questi piccoli uomini dalle ambizioni smisurate.
Il film si prende gioco dei personaggi durante il dissolversi dei loro complotti, tesi al raggiungimento del loro unico obbiettivo, il successo...
E c'� anche quel tocco elegante e sfolgorante tipico degli anni ottanta.

Un Gran divertimento per una serata piovosa...


HAUTE TENSION - A. AJA - 2003 


Due amiche si recano nella residenza di campagna di una di queste per preparare un esame... Durante la notte un misterioso maniaco (tanto spietato quanto astuto) irrompe nell'abitazione, uccide brutalmente tutti i componeti della famiglia, tranne le due ragazze: una viene rapita, l'altra inizier� una fuga-inseguimento per sfuggire al killer e salvare l'amica... una storia praticamente assente, un tipo (di cui non vediamo mai la faccia) ammazza tutti per soddisfare le proprie pulsioni, la protagonista ne fugge, tentando di salvarsi insieme all'amica (di cui � segretamente innamorata)...ma ci saranno delle grosse sorprese nel finale.

Un Trhiller claustrofobico, dove chi fugge � cacciatore e chi sta cacciando � in fuga: dove l'amore si tramuta in violenza, dove la violenza esercita l'amore.

Era da tempo che non vedevo un Trhiller/Horror cos� ben costruito e girato; la truculenza del film � pienamente funzionale allo �straniamento partecipato� che si infonde nello spettatore e nella protagonista, sebbene ci siano scene veramente forti non si arriva alla gratuit� da macelleria di Miike (che peraltro adoro), la storia procede per stereotipi, fra suspance e colpi di scena: si passa dalle sequenze in casa, dove si scappa fra le stanze e i nascondigli domestici (il telefono ovviamente non funziona) ai boschi cupi e fangosi, ci si nasconde negli armadi aspettando che arrivi l'assassino, la macchina non parte, una sega circolare che si avvicina sempre di pi� alla sua vittima ecc ecc ecc.... ma il tutto non scade mai nel revival o in un banale citazionismo; la costruzione di questo film � talmente solida che si pu� permettere anche grossi errori di logica, perch� (a condizione che sia sia visto Psycho) siamo messi da subito sul chi vive: l'amica che parla con la madre senza che questa si veda, una doccia vuota, elementi che producono un surplus di senso nella narrazione, rimandano a qualcos'altro di ben conosciuto, ma che non si riesce a collocare nell'universo del film, questi �frames� producono uno slittamento di senso che � percepibile in quanto tale, ma non � risolvibile come quest fino a quando non ci � svelato il trucco, e allora capiamo perch� quella doccia vuota ci ha turbato molto pi� di una gola aperta.... � sconvolgente come dopo oltre 40 anni Psycho continua a terrorizzare, anche fuori di se.



IDEE SPARSE 

Avevo voglia di scrivere di un bel film stasera! Ma purtroppo ho avuto la malsana idea di guardare ZardoZ. Non so perch�, ma dal titolo mi aveva sempre affascinato, � uno di quei film che avevo sempre voluto vedere: Boorman+Sci-Fi. Sembrava una bella accoppiata, di Boorman non conoscevo niente; tranne che ricordo di una visione infantile di Exalibur che mi aveva a dir poco esaltato, alimentando per un bel po' le mia immaginazione... E invece un filmetto fra lo spettacolare e il metafisico: un'accozzaglia di concetti post 2001 , un po' di ideologia settantesca, un Connery che sa il fatto suo, azione sparsa e... tanta tanta noia.

L'altro giorno avevo visto la fuga di logan, ancora pi� ridicolo, ancora pi� �datato�, soprattutto se penso che solo un anno dopo sarebbe uscito nelle sale un film che avrebbe rivoluzionato non solo la fantascienza, ma tutto il cinema Mainstream, una saga che ancora tutt'oggi non sembra risentire dello scorrere del tempo.... Star Wars ... ma inutile stare a parlare di come quella trilogia (ma forse anche la nuova riserva delle sorprese, se mai vedr� le sale) abbia cambiato il cinema; mi sembra fin troppo evidente che gli uomo ragno e i signori degli anelli siano diretta filiazione dell'opera di Lucas.

A proposito della Forza : penso di essermi definitivamente (o quasi) liberato del lato oscuro e ho finalmente completato una trascendenza soddisfacente a LinuX ...


...join the revolution OS....

oggi ha vinto Bush ... posso permettermi qualche licenza come triste consolazione.



She Hate Me - Spike Lee - 2004 

Un vicepresidente (neroamericano) di un'immaginaria multinazionale farmaceutica viene licenziato perch� denuncia le irregolarit� (furti alle tasche dei cittadini, come Enron e Parmalat) e viene anche accusato di essere il responsabile di tali infrazioni.
L'imputato-testimone non si trova pi� in una condizione economica agiata, decide cos� di accettare la proposta della sua ex fidanzata, lesbica, in cambio di una cospicua somma di denaro chiede di farsi ingravidare; da quel giorno inizier� un nuovo business, pur odiando il suo nuovo lavoro lo porta avanti per poter finire la sua battaglia in tribunale...� una commedia, quindi finisce bene, HappyEnding3 visto che vince la causa, manda in galera i veri criminali (il finanziere bianco) e mette in piedi una famglia con la sua ex fidanzata, la compagnia di questa e i due bambini avuti con le due donne.
Spikee Lee sembra trovarsi molto pi� a suo agio con il dramma pi� che con la commedia, con il melodramma anzich� con la satira di costume; Aldil� del suo stile, che pur rimanendo estroso e manieristico, si fa sempre pi� elegante e discreto; � proprio la storia che non riesce a catturare.
Di battute e di gag ce ne sono (la gente in sala ha riso anche spesso), ma non possono reggere da sole il film, che aldil� delle apparenze tratta in modo del tutto serio temi scottanti: dall'alta finanza, alla famiglia, fino al sempre presente (in Lee) tema razziale, uniti da un unico filo conduttore, il motore del mondo, il Dio Denaro, il film mi sembra per� manchi di compattezza, il fiume di parole che scorre dall'inizio alla fine del film non fa di certo bene al film, ma sorprendentemente (merito dello sceneggiatore o di Lee? o di tutti e due?) nel film si chiamano le cose con il loro nome, un linguaggio che non risparmia i termini forti, ma non cade nel "volgarismo post-tarantiniano".
Due le sequenze che valgono da sole il prezzo del biglietto:
I titoli di testa: Dollari di vario taglio garriscono come bandiere al vento(americane per forza di cose), siamo immersi fra le faccie dei presidenti e i numeri di serie, la filigrana morbida e avvolgente, la vera anima, la vera bandiera che avvolge il sogno americano (o l'ipocrisia americana? bianchi, neri e minoranze varie, nessuno escluso)
La sequenza del caso Watergate, che esemplifica come il potere bianco usurpi in qualsiasi modo (e non per volont� divina o tara genetica, ma per amore del Soldo) il lavoro delle minoranze.


Il Villaggio Dei Dannati - J. Carpenter - 1995 

Dopo che tutti gli abitanti di uno solitario villaggio hanno inspiegabilmente perso conoscenza all'unisono, si scopre che tutte le donne sono rimaste incinta...nasceranno dei bimbi prodigio, dai capelli bianchi e privi di emozioni, alieni che grazie alla telepatia controllano le menti, fanno suicidare gli umani pericolosi e vogliono conquistare questo pianeta.
Remake dell'omonimo film datato 1960 (che purtroppo non ho ancora visto) è un puro prodotto Carpenter, il film è sanza infamia e sanza lodo
, sembra quasi racconti un'altra volta Essi Vivono, ma lascia aperta una speranza, l'amore sembra qui vincere l'alienazione, anche un automa può divenire a immagine e somiglianza di Dio (tanto per parafrasare il film). Basta che sia amato come tale. L'Innocenza può essere anche appresa.
L'unico bambino che si avvicina all'�umano� è “l'elemento debole� della sua specie, l'unico che non ha una compagna e perciò diverso, non può omologarsi, la sua condizione non può essere identica a quella del suo gruppo (il quale si fonda appunto sull'assenza di uno spirito autonomo, e fa di una molteplicità di soggetti un unico Individuo).
Ciò che “umanizza� l'alieno non è la cultura, la repressione, l'emarginazione, la violenza, ma è l'amore. Poichè amato come un bimbo umano, malgrado sia parte inscindibile di un tutto, riesce a provare sentimenti... e sarà anche l'unico che si salva e che salva il mondo.
Per gli omologati non c'è futuro, se non quello di morire come tali. Chi si ribella al potere degli omologati trova ugualmente la morte, per mano di questi.

Sembra che anche per Carpenter valga la massima di 2Pac:

...Love is the Engine to the Revolution ...



Se mi Lasci Ti cancello - M. Gondry - 2004 

I presupposti c'erano tutti; lo scrittore più in-(tellettuale?) di Hollywood, un regita da viedoclip e una storia con quel tanto di "info-meccanizzazione" che renda il tutto contemporaneo, o magari anche all'avanguardia, ma aldilà delle belle premesse, e delle belle recensioni che se ne leggono in giro, mi è sembrato che l'unica operazione del film sia stata quella di allungare la sequenza di Essere John Malkovich, (quando ci troviamo all'interno del subconscio) per farci un film intero.
E i difetti si vedono, per quasi un'ora rincorriamo Carrey e la Winslet nei ricordi di lui, scappano per non farsi cancellare, parlano parlano e straparlano. Se andiamo per esclusione, tolti i dialoghi (insignificanti), le scene già viste della folle corsa dentro i ricordi umani, una visione (e una rappresentazione) della tecnologia che pensa di essere all'avanguardia, cosa rimanre? Qualche exploit di Gondry, che aldilà di un uso espressionista delle luci piuttosto banale(ma sempre efficace), si riscatta nelle scene dove viene cancellata la memoria: qualche effetto usato intelligentemente, ben implementato nella narrazione e nell'immagine, il linguaggio cinematografico che si evolve sotto le spinte eversive del videoclip...e produce qualcosa di buono, ma purtroppo Gondy non è Spike Jonez.
Il film non riesce a "reggersi", mi sembra che si finisca nel "normale" psicologismo da film americano, visto però dall'interno della mente, niente di nuovo, niente di sconvolgente, anzi, dopo un po' mi sono anche rotto le palle di vedere Carrey che scappa dagli EraserHeads.
Mentre guardavo questo film ho avuto nostalgia del viaggio nella mente e dei ricordi di L'anno scorso a Marienbad, quello si che era un labirinto dove perdersi..ma forse mi sbaglio io e questo eternal sunshine è davvero un capolavoro.
Comunque il film non è che mi sia dispiaciuto, ero insieme alla mia ragazza e abbiaamo passato una bella serata, tuttavia ne avevo letto veramente bene e me ne avevano parlato come di un capolavoro, mah...
Jim Carrey è veramente un ottimo interprete, peccato che la maschera che si porta dietro non me lo faccia ricordare che come uno scemo e più scemo...


Divorzio All'italiana - Pietro Germi - 1961 

Un barone siciliano (Mastroianni), si invaghisce della sua giovane cugina (la allora giovanissima S. Sandrelli), non sopporta più la moglie (una donna baffuta scema e insopportabile), vorrebbe tanto poter liberarsene... ma il divorzio non era permesso, quindi il barone ha pensato bene di fare la cosa più logica! Spingere la moglie al tradimento, ucciderla per riscattare il proprio Onore, e sposarsi con la Sandrelli.
Vedendo il film, dove spicca la recitazione di Mastroianni (che infonde al personaggio una singolare aura comica) e dalla sceneggiatura perfetta, che non annoia mai, diverte e procede senza perdersi in lungaggini o psicologismi di alcun tipo (per la quale gli scenegiatori vinsero anche l'Oscar).
Il film è uno sguardo grottesco e umoristico su dei drammi sociali molto frequenti, sembra quasi impossibile che all'epoca fosse una “norma� uccidere figlie, mogli e parenti vari per ristabilire l'onore della famiglia. Le umiliazioni, l'emarginazione che il barone “patisce�, dopo che è stato tradito dalla moglie esprime come il delitto d'onore avesse anche una funzione pubblica, uccidere la moglie adultera è un “dovere� verso la comunità.
Non possiamo che sorridere (amaramente) di fronte ai progetti e ai raggiri che il barone trama nei confronti della moglie (progetti e raggiri squisitamente diretti da Germi, che mette ulteriormente in ridicolo il suo protagonista facendoci ascoltare i suoi pensieri mentre ce lo mostra nella bassezza delle sue azioni), ma se oggi può apparire come una storia al limite del surreale, quando questo film uscì nelle sale il tema era di attualità; stupisce come un argomento talmente melodrammatico di sua natura sia stato trattato in modo così semplice e diretto, ironico e impertinente, mantenendo però una forte e aperta denuncia contro le tradizioni e usanze inumane spalleggiate dalla legge.
C'è anche un giovane Buzzanca divertentissimo nella parte di un ragazzo che prova a giustificarsi (perchè viene puntualmente sgamato) degli atti “impuri� che compie con la sua fidanzata....
Un capolavoro della commedia italiana...


Innocence - Ghost in The Shell 2 - M. Oshii - 2004 

Cosa distingue l'uomo dalla macchina? Se lo sono chiesti in molti, e se lo chiedono anche i personaggi del film, per tutto il film, in una serie pressoché costante di citazioni letterarie variegate, nel film sembra che nessuno sia più capace di far valere le proprie opinioni senza appoggiarsi su ciò che la saggezza umana ha già sviscerato; quando il nostro “spirito� non dovrà più accontentarsi dell'hardware di cui disponiamo, ma avrà a disposizione supporti esterni su quali accumulare dati su dati, la nostra “innocenza� sarà perduta, niente ci distinguerà più da un robot. Ma un'altra cosa ci ha sempre caratterizzato come “umani� la nostra incommensurabile vanità, la convinzione di una superiorità nei confronti di animali, oggetti, droidi e ibridi. Sembra proprio di trovarsi di fronte ad un altro Blade Runner, se non fosse che qui non si afferma che: < <>amati e rispettati come degli esseri umani, avrebbero tutto il diritto di ribellarsi e uccidere qualche umano>>, qui si dice che la nostra evoluzione tende a riportarci allo stato inanimato, e come dice un personaggio nel film “ciò che è inanimato non vuol dire che non sia vivo�; per di più l'unico momento del film in cui Batou sembra impressionarsi per la morte di qualcuno è quando si rammarica per tutti quei robot che sono stati fatti massacrare per uno scopo inutile (salvare dei bambini che venivano usati per impiantare uno “spirito� nei i robot domestici).
Ho provato a sintetizzare molto il senso del film, almeno quello che ho capito, che sarà sicuramente incompleto, ma cercare di riassumere in poche righe tutta la metafisica che trasuda il film, soprattutto nei lunghi e numerosi dialoghi, risulta un'impresa impossibile, oltretutto la complessità “filosofica� di questo Anime è di molto superiore a quella del primo episodio. Mi sembra che Oshii questa volta abbia provato a proporre la questione da più punti di vista, fa si che questo possa far perdere lo spettatore, ma propone anche un film dalla tesi “Aperta�, ognuno può arrivare a leggerci un messaggio diverso; per certi versi questo è già cinema interattivo: fra i mille sentieri che il film traccia, lo spettatore ne recepisce, ne decodifica, solo una parte, una parte del mare di informazioni di fronte al quale viene messo di fronte, non è necessario capire tutto, le informazioni che percepisco mi daranno un messaggio, ma un altro spettatore potrà recepire il messaggio opposto, dipende da come sono programmati gli spettatori.
Questo film non mi ha colpito tanto per i temi o come questi vengono proposti, ma proprio per la regia e per i disegni/ricostruzioni (la qualità grafica è impressionante). Gli ambienti sono quasi tutti ricostruiti sinteticamente, per i personaggi Oshii preferisce affidarsi ai movimenti più naturali dei disegni, ma è il modo con cui gestisce questi due “corpi� che ha dell'innovativo, per la prima volta ho visto dei movimenti di macchina (che non c'è) praticamente identici a quelli dei videogiochi (per alcune inquadrature sembra proprio di trovarci in un FPS).
E' tutto un ruotare intorno agli oggetti, alle facce, ai modelli, a volte in modo repentino, per creare un colpo di scena, più spesso in modo lento: movimenti circolari in zoomata, che ci fanno apprezzare l'impeccabile realizzazione delle immagini, Oshii non ci mostra immagini, ci mette in relazione con delle forme in tutta la loro tridimensionalità, ci rende palpabile, abitabile, vivibile, l'immaterialità.


Citizen Toxie - The Toxic Avenger IV - L. Kaufman - 2000 

Ormai da qualche tempo mi sto fracassando i coglioni con almeno due o tre film muti al giorno che devo vedere per un esame. Stasera sono finalmente riuscito a guardare un film per me! Volevo qualcosa di stupido, violento e americano... avevo bisogno di evadere. Stupido, Violento e Americano! Questo è Toxic Avenger IV, non ho visto gli altri, che conto di recuperare al più presto, ma devo ammettere che il vendicatore tossico è molto peggio di quanto me ne avevano parlato! Sbudellamenti continui, teste fracassate, frattaglie come coriandoli, infantilismo, sessualità deviata, esibizione dell'osceno, in una parola TRASH.... e tutto questo ad un'andatura folle; il visibile frantumato, le inquadrature si succedono senza dare allo spettatore il tempo di linkarle fra di loro, come brandelli di un corpo fatto esplodere e riattaccato in fretta e furia, come uno zapping frenetico di una ipotetica TV spazzatura ideale.
Francamente non so dire se mi sia piaciuto o meno, sicuramente mi ha divertito, e forse questo già basta, ma altri potrebbero sentirsi offesi o schifati dal film, il quale avrebbe in tal caso raggiunto ugualmente il suo fine.
Questa parodia esuberante sembra fare un catalogo di tutti gli eccessi di questa America tele(porno)dipendente, e riesce pienamente nel suo intento, ma è un rigurgito degli anni ottanta: dalla fotografia alle location, fino agli effetti speciali (in questo caso poveri, intelligenti ed efficaci) ma forse è questo il suo pregio, penso soprattutto agli ammiratori della serie, che saranno stati sicuramente entusiasti di una tale continuità. Ma oramai quegli schizzi di sangue, quelle viscere da fastfood, quelle gag, fino alla stessa testa di Toxie, sanno di nostalgia, magari anche consapevole e meditata, ma il revival è un redivivo, non fa rinascere proprio un bel niente.
Kaufman ritrae una società in guerra prima di tutto contro se stessa, la guerra civile fra la stupidità e la violenza, tra forze di destra e deliri democratici, ma sempre e comunque con la scopa, il cazzo, la pistola, in mano....altro che 9/11...è questa la vera America!


The Sims 2 - Will Wright - 2004 

C'era una volta il gioco più venduto di tutti i tempi. Un prodotto tanto semplice quanto rivoluzionario, la fusione del sogno Zavattiniano del pedinamento cinematografico e il format TV Grande Fratello. Il concetto base era questo, segui i tuoi Sim mentre svolgono le loro attività quotidiane; prepararsi da mangiare, pulire casa e stringere rapporti sociali di varia natura e tutte le altre attività che quotidianamente ci troviamo a svolgere nella più totale indifferenza. Lo scopo del gioco? Molto semplice, far vivere una vita felice ai vostri Sim!
Ma se l'idea è stata rivoluzionaria e di indubbio successo, la realizzazione del progetto lasciava molte lacune, che facevano cadere il gioco in una ripetitività esasperata (come la vita?) da cui qualsiasi gioco dovrebbe fuggire.
Con questo secondo capitolo (e chissà che cosa ci capiterà con il terzo) sono state introdotte alcune novità essenziali per la buona resa di una vita simulata. Ciò che rende vivente un essere è la sua capacità di nascere, riprodursi e morire; cosa che era negata ai vecchi Sim, che adesso hanno addirittura un carattere (fisico e comportamentale) che si tramanderà dai genitori ai figli!!
Una volta un mio amico mi disse “non vedo l'ora che facciano un gioco che riproduca in tutto e per tutto la vita reale, sai che spettacolo fare la fila ai supermercati o alla posta come nella realtà?�. Affermazione abbastanza inquietante che, aldilà dei giudizi sul mio amico, pone diversi interrogativi, che il grande fratello sia solo l'anticamera di ciò che ci aspetta? Cerchiamo davvero (in un medium o in un altro) di creare un mondo in miniatura, un plastico alla Perky Pat nel quale inscenare una vita perennemente organizzata dall'alto, piccoloborghese, di cui siamo i Signori e al tempo stesso ne siamo succubi.
Il Cinema non è mai stato inventato disse un nome autorevole della teoria cinematografica, ma con The Sims 2 ci si avvicina parecchio! Non è una riproduzione fotografica e tanto meno realistica: è il contenuto ad avvicinarsi drammaticamente alla realtà; anche se quella televisiva (ma come dice Woody Allen : E' assolutamente evidente che l'arte del cinema si ispira alla vita, mentre la vita si ispira alla TV). Si possono far vivere vere e proprie Soap Opera ai nostri Sim: amori, tradimenti e amicizie, da gestire armoniosamente con gli impegni di lavoro, gli hobby e l'economia domestica.
Nessun nemico da uccidere, nessuna quest da risolvere, il nostro compito sarà quello della provvidenza, comprare mobilia, aiutare gli incontri, prediligere alcune azioni, ma i Sim saranno in una certa misura liberi dai nostri “ordini�.
Una sorta di piacere morboso si prova a far marcire la propria casa per tenere pulita quella dei Sims, a spiare la vita amorosa dei nostri “Modelli�, non dal buco della serratura, ma dal cielo, dalla prospettiva di Dio.
Come ho letto in un forum da qualche parte “evviva è uscito The Sims 2, per i prossimi 6 mesi smetterò di vivere per far vivere i miei Sim� .. Per fortuna sono riuscito a redimermi dopo un paio di settimane...


LE MANI SULLA CITTA' - Francesco Rosi - 1963 

Italia, primi anni sessanta, speculazione edilizia.
Edoardo Nottola,“palazzinaro�di professione e politico per convenienza. Un inchiesta politica sull'Italia del Boom: indagini insabbiate, giochi di potere e di alleanze, un occhio sulla speculazione edilizia e l'altro sui metodi di gestione e conservazione del potere DC.
E' un'inchiesta “orizzontale�....mmm più o meno come tutte le inchieste, ma forse il loro fascino sta proprio nella narrazione “lineare�, i fatti (anche sei immaginari) sono esposti in modo nudo e crudo, con sguardo neutro ma non neutrale.
Quell'Italia sembra così lontana, e invece ci ritroviamo con gli stessi intrighi e le stesse logiche, oggi come ieri si apre il nostro patrimonio ambientale a dei veri e propri stupratori, leggi ad personam garantiscono la legalità.... e almeno Nottola non lo faceva per una villa in Sardegna!
Tanto altro ci sarebbe da dire, ma più che scrivo e più che mi viene il sangue acido... quindi per ricordarmi che non siamo solo Mafia e P2 vado a prendermi una pizza...


HELLBOY - Guillermo del Toro - 2004 

Devo dire che questo Hellboy mi ha sorpreso parecchio! Mi aspettavo una ciofeca, invece l'ho trovato un prodotto apprezzabile. Intendiamoci, niente di rivoluzionario, né per gli ambienti (in puro stile (post)neo-gotico) né per gli effetti (peraltro usati in modo discreto ed ben implementati).La trama è trascurabile, nel prologo si narra l'arrivo di Hellboy infante, fatto arrivare dai Nazisti durante qualche loro esperimento occulto, ma c'erano gli Americani che hanno blah blah blah blah.....Il “bimbo� ora è un forzuto irascibile e insaziabile...che sta dalla parte dei buoni.
Hellboy come unica attrattiva del film, gli altri personaggi sono trascurabili...(cattivi compresi... questo è un grande male che affligge un po' tutti i film di oggi....i cattivi non sono abbastanza cattivi! sono crudeli, ma eterei). Il carisma e i cazzotti del Diavolo riescono a garantirci un onesto intrattenimento.
Scene d'azione una dietro l'altra, ammazzamenti, fughe, cospirazioni, qualche citazione e poi c'è lui, Hellboy, che ci intrattiene con battute da actionmovie (anche divertenti!), distrugge un po' tutto quello che gli capita a tiro, salva il mondo dai Nazidiavoli e si innamora di una fanciulla incandescente...
E' proprio la resa del lato romantico del mostro che più mi impressiona benignamente, Hellboy si trova molto più in difficoltà con i suoi sentimenti che con creature ripugnanti, il regista ci scherza sopra, e lo fa fare direttamente al suo lucertolone rosso.
G. Del Toro, messicano alla seconda regia “importante� dopo blade 2, tratta le sequenze amorose e di “vita da Freaks� con tono ironico e distaccato, le utilizza come “diversivo� alle colluttazioni, agli inseguimenti e a tutto quello si conviene a questo tipo di film, ma soprattutto la “pupa� di turno non se la fa con il bellone dell'FBI, sceglie invece il mostro, l'immigrato, Hellboy.


The Fog - John Carpenter - 1980 

Durante le celebrazioni del centenario della fondazione di Antonio Bay, una misteriosa nebbia invade la sperduta cittadina costiera. Ma qualcosa si nasconde fra i vapori...sono tornati per vendicarsi del tradimento subito cento anni prima...e uccidono...nella nebbia.
Mi aspettavo qualcosa di più, ma non so che cosa, ne avevo sentito parlare come un film fondamentale fra quelli di questo cineasta, beh...l'ho trovato piuttosto fiacco a dire la verità. Manca di (auto)ironia, o almeno non ne ho vista.
Da un film di Carpenter mi aspetto una “grezzata� irriverente. Certo, è grezzo al punto giusto, ma farmi coinvolgere da un horror tanto bizzarro che si prendee tanto sul serio mi risulta piuttosto difficile, apparte il fatto che aspettato tutto il film che qualcuno, fucile allo mano, si mettesse ad ammazzare tutti gli invasori, ma così non è. Ho avuto come l'impressione che i temi presenti nel film(di cui non ho voglia di parlare) siano stati inseriti a forza, e hanno portato il regista fuori strada, sarà che i suoi horror non li digerisco, preferisco di gran lunga gli“sparatutto�,sarò forse dal nichilismo cosmico dei suoi Rudeboy, che non si lasciano sopraffare niente, che non prendononiente sul serio, tantomeno il film in cui sono dentro.
E poi è davvero insopportabile la speaker della radio che continua a blaterare. Dopo il primo quarto d'ora speravo già che qualche mostro venisse dalla nebbia per portarla via, ma purtroppo per noi continua a straziarci fino alla fine del film, ma magari è colpa del doppiaggio...chissà.



IL GIORNO DELLO SCIACALLO - FRED ZINNEMANN - 1973 

Un gruppo paramilitare eversivo, la OAS, ritenendo inaccettabile l'indipendenza concessa all'Algeria, ingaggia un Killer che si fa chiamare “sciacallo� per assassinare il generale De Gaulle.
Anche se l'OAS è veramente esista e abbia effettivamente tentato di assassinare De Gaulle, la storia narrata è pura fiction.
Un film dal ritmo serrato; avvincente come un Thriller, compatto e minuzioso come un'inchiesta. L'identità dello sciacallo è sconosciuta a tutti, polizia compresa, che mette sulle sue tracce il miglior ispettore di Francia. Si apre una segretissima caccia all'uomo: il film si srotola ora su ciò che fa lo sciacallo, ora su ciò che fa l'ispettore. Entrambi hanno i loro compiti e Zinnemann ce li mostra intenti al loro dovere; allo sciacallo quello di portare a compimento l'attentato, all'ispettore quello di impedirlo, ma ambedue sembrano preoccuparsi principalmente del silenzio, della segretezza; lo sciacallo si interessa essenzialmente a mantenere segreta la sua identità, la polizia non intende far arrivare per nessuna ragione informazioni alla stampa.
Le sequenze si alternano costantemente, mantenendo uno stile neutro, da ricostruzione storica, equidistante dalle fazioni (anche se poi come spettatore si finisce a fare il tifo per lo Sciacallo grazie al grande carisma che possiede).
Thriller politico (è stato uno dei primi del genere?...penso di si ma dovrei informarmi meglio ^_^ ), nel quale forte si respira il senso di smarrimento e di sospetto verso le istituzioni generatosi dopo l'assassinio Kennedy. Criminale=poliziotto sembra affermare Zinnemann, certo non una novità, ma l'equazione è posta nei termini di ciò che negano (la verità), non tanto in base a come agiscono.
Sia che l'attentato riesca, sia che fallisca, sia che tutto cambi o che tutto resti uguale, l'importante è che l'informazione non venga divulgata, che nessuno riesca a scoprire la verità, che il dubbio non si insinui fra la gente, che nessuno sappia che cosa accade nella stanza dei bottoni....



I "MIEI" FILM 

I film che per un motivo o per un'altro sono stati importanti per me...
in ordine sparso...

Hot Shots! - J. Abrahams - 1991

Pulp Fiction - Q. Tarantino - 1994

Ordet - C.T. Dreyer - 1955

36th Chamber Of Shaolin - Chia-Liang Liu - 1978

Pasto Nudo - D. Cronenberg - 1991

Mulholland Drive - D. Lynch - 2001

Un Condannato A Morte E' Fuggito - R. Bresson - 1956

Scarface - B. De Palma - 1983

Palombella Rossa - Nanni Moretti - 1989

Star Wars - Tutta la saga, e visto che anche Omero è una convenzione, diciamo che è G. Lucas l'autore di tutto. 1977-20??



Mente senza Corpo : Videogioco senza giocatore 

Questi film che ho selezionato sono esempio di un conflitto fra mente e corpo (conflitto per altro da sempre presente nella nostra cultura) che il cinema contemporaneo esprime, veicola, tenta di esorcizzare. Il videogioco si presenta come il terreno più fertile per indagare il già citato conflitto;

Il cinema (la riproduzione fotografica del movimento) è hardware, CORPO. Tutto quello che si vede è stato posto davanti una macchina da presa, ma con l’avvento delle tecnologie rappresentazione, l’immagine è stata liberata dalle catene della riproduzione tecnica, l’immagine sintetica è MENTE, software. Come nei videogiochi, già da un po’ di tempo anche nel cinema si può visionare uno spazio, dei corpi, creati ex nihilo, dove la formula di Burrough “se niente è vero tutto è possibile� sembra davvero essere stata portate agli occhi del pubblico di massa.

Il cinema di oggi tende sempre di più ad un’immagine che è prodotta come quella di un videogioco, ma anche i tipi di storie che vengono raccontate e come vengono narrate assomigliano sempre di più ad un videogame (basta pensare a Matrix , l’unica differenza fra quel film e un videogioco…è che non si può giocare).

Nei primi due film in programma si affrontano i temi della problematica relazione mente-corpo e del videogame direttamente. Capito ormai che il videoludo è ormai un fenomeno sociale ampio e diffuso (con i suoi pregi e i suoi pericoli) si indaga appunto su questi pericoli che si annidano sulla soglia della realtà, da una parte la frustrazione per le limitazioni della corporalità e dall’altra le paure verso una nuova e incerta identità del reale e l’impossibilità di divenire puro spirito (anche il software per esistere in quanto tale ha bisogno di un hardware sul quale girare).

Gli altri due film invece esistono in quanto estensioni di un videogioco, entrambi presi da due serie fortunatissime (ma per Final Fantasy si può tranquillamente parlare di saga), sono interessanti perché ci aiutano a capire come il videogioco sia entrato nell’olimpo della produzione culturale mainstream, tanto che ogni film-cassetta che si “rispetti� è affiancato dal suo “bel� videogioco.

Per i rapporti che Film e Videoludo intrattengono (almeno nei film che direttamente accostano i due medium); tematiche e immaginario vengono totalmente dal videogame, mentre il tipo di fruizione è ancora filmico (si sta seduti a guardare, non c’è nessun tipo di interazione, il videogioco è tale proprio perché è obbligatorio giocare, interagire all’interno di una r

Questi film che ho selezionato sono esempio di un conflitto fra mente e corpo (conflitto per altro da sempre presente nella nostra cultura) che il cinema contemporaneo esprime, veicola, tenta di esorcizzare. Il videogioco si presenta come il terreno più fertile per indagare il già citato conflitto;

Il cinema (la riproduzione fotografica del movimento) è hardware, CORPO. Tutto quello che si vede è stato posto davanti una macchina da presa, ma con l’avvento delle tecnologie rappresentazione, l’immagine è stata liberata dalle catene della riproduzione tecnica, l’immagine sintetica è MENTE, software. Come nei videogiochi, già da un po’ di tempo anche nel cinema si può visionare uno spazio, dei corpi, creati ex nihilo, dove la formula di Burrough “se niente è vero tutto è possibile� sembra davvero essere stata portate agli occhi del pubblico di massa.

Il cinema di oggi tende sempre di più ad un’immagine che è prodotta come quella di un videogioco, ma anche i tipi di storie che vengono raccontate e come vengono narrate assomigliano sempre di più ad un videogame (basta pensare a Matrix , l’unica differenza fra quel film e un videogioco…è che non si può giocare).

Nei primi due film in programma si affrontano i temi della problematica relazione mente-corpo e del videogame direttamente. Capito ormai che il videoludo è ormai un fenomeno sociale ampio e diffuso (con i suoi pregi e i suoi pericoli) si indaga appunto su questi pericoli che si annidano sulla soglia della realtà, da una parte la frustrazione per le limitazioni della corporalità e dall’altra le paure verso una nuova e incerta identità del reale e l’impossibilità di divenire puro spirito (anche il software per esistere in quanto tale ha bisogno di un hardware sul quale girare).

Gli altri due film invece esistono in quanto estensioni di un videogioco, entrambi presi da due serie fortunatissime (ma per Final Fantasy si può tranquillamente parlare di saga), sono interessanti perché ci aiutano a capire come il videogioco sia entrato nell’olimpo della produzione culturale mainstream, tanto che ogni film-cassetta che si “rispetti� è affiancato dal suo “bel� videogioco.

Per i rapporti che Film e Videoludo intrattengono (almeno nei film che direttamente accostano i due medium); tematiche e immaginario vengono totalmente dal videogame, mentre il tipo di fruizione è ancora filmico (si sta seduti a guardare, non c’è nessun tipo di interazione, il videogioco è tale proprio perché è obbligatorio giocare, interagire all’interno di una realtà altra), per quanto riguarda natura delle immagini (Final Fantasy è ancora un’eccezione) e modi di narrazione assistiamo ad un’ibridazione dei due Media, vale a dire trame sempre meno giustificate e immagini che sono sempre più una commistione fra immagine fotografica e immagine di sintesi.

Da notare come c’è un generale richiamo alla lotta, alla resistenza, sembra che ci sia confusione sulla fazione da appoggiare, se Lottare voglia dire rimanere ancorati a questa realtà (e cacciare così ogni imposizione della cultura dominante) oppure bisogna resistere alla corporalità, fuggire da essa, per sfuggire alla banalità della routine ma anche al potere, se è vero quello che diceva Focault a proposito del potere e del corpo.

ealtà altra), per quanto riguarda natura delle immagini (Final Fantasy è ancora un’eccezione) e modi di narrazione assistiamo ad un’ibridazione dei due Media, vale a dire trame sempre meno giustificate e immagini che sono sempre più una commistione fra immagine fotografica e immagine di sintesi.

Da notare come c’è un generale richiamo alla lotta, alla resistenza, sembra che ci sia confusione sulla fazione da appoggiare, se Lottare voglia dire rimanere ancorati a questa realtà (e cacciare così ogni imposizione della cultura dominante) oppure bisogna resistere alla corporalità, fuggire da essa, per sfuggire alla banalità della routine ma anche al potere, se è vero quello che diceva Focault a proposito del potere e del corpo.


eXistenZ - David Cronenberg - 1999

existenz
Un nuovo, rivoluzionario, sistema di gioco viene presentato in anteprima dalla sua creatrice, Allegra Geller (Jennifer Jason Leigh) , leggendaria (nel film) programmatrice di videogiochi. Si gioca connettendo una specie di playstation in carne direttamente al proprio sistema nervoso, tramite la “bioporta�, installata sulla colonna vertebrale. Ma ancora prima che i fortunati invitati possano provare la nuova esperienza, un giovane esclama “morte al demone Allegra Geller� e spara, ferendo, la già citata programmatrice, che dovrà scappare insieme al suo futuro compagno d’avventure, l’ignaro e inesperto Ted Pikul (Jude Law) assegnato da un suo superiore alla difesa dell’incolumità della game deisgner. Allegra teme che il suo Gioco sia stato irrimediabilmente danneggiato, così convincerà la sua “bodyguard� a giocare con lei, si entra così finalmente nel gioco, si scopre una lotta fra realisti e sostenitori delle realtà viruali, tradimenti, sotterfugi, prese di coscienza e metafisica terranno lo spettatore legato al film, cercando di recuperare il senso della storia e le ragioni delle due fazioni. Il film è costruito “ a scatole cinesi� dove un piano (della realtà) ne contiene un altro e Cronenberg, non segna i passaggi, si passa da una realtà ad un’altra senza apparente stacco, come nel gioco che descrive, il regista filma ciò che è reale e ciò che non lo è alla stessa maniera, e anche quando sembra che siamo riusciti ad uscire dal gioco, torna a tormentarci con una domanda “siamo ancora nel gioco vero?�. Se il tema guida è simile a Matrix, la trattazione risulta estremamente più complessa e stratificata, non lasciatevi ingannare se ciò che vedete sembra irrazionale, forzato, costruito, è tutto un gioco e per tale va preso… più che saper distinguere fra ciò che è reale e ciò che non lo è, problematica alla quale Cronenberg non sembra dare molta importanza, il vero dilemma è, fino dove arriva il mio libero arbitrio, fino a che punto sono giocatore e non personaggio di questo gioco dalle regole sconosciute, non avete mai avuto l’impressione di fare delle cose solo per portare avanti Il Gioco? e chi ha la risposta?…Dio? Chi il meccanico?


Avalon - Mamoru Oshii - 2001

n un futuro(?) indeterminato, dove sembra si viva sotto un potere repressivo e oscurantista, un videogico illegale di guerra pare essere una terra promessa, un'alternativa (avalon appunto) a quel mondo fatto di grigiume e solitudine. Ash, guerrriera solitaria nel gioco e nella realtà, non ci penserà due volte a cercare di mettersi in contatto con il suo vecchio compagno di Party (e di vita?) Murphy, che entrato nel livello segreto del gioco, non è più tornato, rimanendo allo stato vegetativo. Grazie all'aiuto di un Vescovo (una specie di giocatore-amministratore di sistema) riesce ad entrare nel livello segreto, o come viene definito dal vescovo Class-Real, una simulazione perfetta della realtà. Dove l'aspetterà un finale drammatico e in sospensione, che lascierà lo spettatore perplesso, a rimuginare sul perché dovrei preferire questa realtà ad un’altra simulata.

Per dichiarazione dello stesso regista il film parla di una minoranza in lotta con il potere (che è bene visualizzato calando il film in ambientazioni da cortina di ferro) , quando Ash incontra Stunner, il ladro del suo vecchio Party (che si può tradure come “gruppo�, “squadra� ma anche come “Partito�) gli dice..<<è>> come se nell'età del silicio la sovversione non potrà che scorrere fra il mare dell'informazioneautomatica. Resistenza al potere grazie alle nuove tecnologie, ma anche resistenza alle stesse usate però dal potere.

La ricerca di Ash è una fuga dal corpo, con tanto di perdita di appetito e di socialità (l’unico essere per il quale sembra provare empatia è il suo cane). Oshii farcisce il fim di statue senza testa, solo nella classe reale fa vedere una statua con tanto di testa, come un’avvenuta riconciliazione, ma in una realtà simulata, anche se alla fine del film Murphy sembra sancire l’inscindibilità fra mente e corpo).

La ricerca di un equilibrio fra ciò che sembra impossibile ma che non lo è e l'impossibilità di cancellare il programma realtà-corporale e riuscire a mantenere questo livello alto per tutto il gioco (la vita). È questo quello che fa il Vescovo (l'unico personaggio a suo agio di tutto il film e in tutti gli ambienti del film), ed è questo a cui arriverà (forse) alla fine del film Ash. Ed è anche quello a cui dobbiamo abituarci a imparare a fare, se non vogliamo finire come i passeggeri del tram che prende Ash per tornare a casa o come i rimasti dentro l'ospedale. (Capacità di saper gestire e organizzare informazioni).

Tutta la prima parte è immersa in un effetto flou e da una monocromia sul grigio-marrone che pone sullo stesso piano (quasi onirico) la realtà di Ash e il videogico, solo nell'ultima mezza ora, dove si accede alla classe reale torniamo all'alta definizione e al colore realistico (e ai carri armati sovietici si sostituisce la pubblicità americana), ciò da una forza retroattiva alle immagini che ci hanno accompagnato, perdiamo (come Ash) la capacità di distinguere e di valutare ciò che vediamo in rapporto a ciò che si è visto fino ad allora. Oshii fa anche un largo uso di manipolazione digitale dell'immagine, alla riproduzione fotografica si salda un quasi costante intervento manipolatorio, tutto è reale ma è tutto è illusione, la natura delle immagini di questo film è manifestata nel prologo del film, dove il regista ci cala per otto minuti all'interno del videogioco....carri armati stanno combattendo in piena campagna, vengono bombardati e fatti saltare, ma l'esposione va in freeze, scopriamo che la colonna di fuoco e fumo che si alza non è altro che una texture gigantesca in 2D, Ash si materializza, e la realtà intorno a lei prende la forma di una città. Non solo non possiamo sapere se l'immagine è fedele alla realtà, ormai non possiamo più sapere nemmeno la natura (l'hardware) dell'immagine.


Final Fantasy - H. Sakaguchi, M. Sakakibara - 2001

Una giovane scienziata (Aki) se ne va in giro a raccogliere esseri viventi per un mondo inabitato, ormai dominio dei Phantom, una misteriosa razza aliena che è arrivata sulla terra tramite un meteorite, distruggendo quasi tutta l’umanità e la civiltà. Raccoglie questi campioni per trovare una soluzione “all’invasione� aliena, ma il cattivissimo generale riuscirà a farla arrestare per poter sparare sul cratere degli alieni con il suo grosso cannone Zeus (che il generale abbia bisogno di compensare?)….

Se Resident Evil riportava i temi ma non le atmosfere del gioco, questo film d’animazione (ed è come tale che va visto) riporta appieno le atmosfere e lo “spirito di gaia� che fanno da sfondo alle storie sempre diverse fra un titolo e l’altro della serie (ormai giunta al 14esimo capitolo). Il film è un anime in tutto e per tutto, con i suoi tempi e le sue divagazioni metafisiche (a volte troppo pesanti per uno spettatore occidentale) , l’impeccabile realizzazione sintetica di ogni aspetto del film lo rende unico(se togliamo i film d’animazione per bambini).

L’estrema naturalezza dei movimenti labiali, dell’ondeggiare dei capelli, l’incapacità di distinguere gli sfondi (il set) da uno reale fanno da contrappeso ad una “recitazione� praticamente assente, che appunto sta a metà fra il manga e il videoludo. Anche nei movimenti, soprattutto in corsa o in azioni repentine si nota una certa legnosità; ma mi viene da pensare che (soprattutto per quanto riguarda il versante recitativo) siano state scelte stilistiche (discutibili).

Anche qui la realtà è un videogioco, una serie di prove da affrontare una dietro l’altra, tanto che anche la medicina diventa una sorta di shot ‘em up aggiornato al futuro (quando Aki guarisce il capitano che è stato infettato da un Phantom) dove il gusto da videogioco si fonde ai più classici stilemi della suspance cinematografica.

Grande risalto viene dato alla spiritualità, forse dal sapore un po’ troppo orientaleggiante, ma che si lega in maniera abile ad un forte tematica antimilitarista (non a caso il generale è il personaggio meglio riuscito). Il rapporto con l’altro (gli alieni non sono altro che migranti) e il pericolo di uno scontro (suicida) fra civiltà sono due temi centrali (come in tutto il cinema di fantascienza) il film sembra affermare che fino a quando non trascendiamo dalla nostro corpo (dalla cultura di origine) per abbracciare una spiritualità comune in virtù di ciò che ci accomuna (lo spirito di gaia…vai poi a sapere cosa eh!) l’umanità e destinata a scannarsi su un immenso campo di battaglia.


Resident Evil - Paul W.S. Anderson - 2002

Dal videogioco che ha tenuto incollati milioni di persone davanti alla playstation ad ammazzare zombi in giro per le case e per le città, un film che più che le atmosfere di gioco, riporta gli zombi e la paura per multinazionali/leviatani dalle politiche aziendali più che esecrabili.

La Umbrella corporation infatti è la più grande e estesa multinazionale al mondo, producendo praticamente ogni merce e avendo in mano quasi tutto il mercato, ma non si limita a questo, in un segretissimo laboratorio sotterraneo chiamato l’alveare, scienziati lavorano incessantemente a ricerche segrete di tipo biogenetico e militare. Creano fra le altre cose un micidiale virus che zombizza chiunque ne venga a contatto, guarda caso questo virus viene liberato all’interno dell’alveare, l’intelligenza artificiale che controlla il megacomplesso si accorge del virus e sigilla (uccidendo/risvegliando) tutti dentro.

Alice (Milla Jovovich) e il suo compagno sono dipendenti della Umbrella corp. , i custodi di una villa che altro non è che un’entrata segrata per l’alveare, si troveranno così costretti (per quale motivo?) a seguire una squadra di forze speciali (della umbrella corporation) incaricati di entrare nell’alveare e scoprire cosa sia successo. Le forze speciali avendo fatto irruzione dentro la villa, hanno usato un gas nervino (senza un motivo)..che fa perdere la memoria.

Una volta dentro l’alveare dovranno fare i conti con un’intelligenza artificiale permalosa e bizzosa, con degli zombi affamatissimi che spuntano come funghi e con la memoria di Alice che affiora piano piano, facendoci scoprire chi ha liberato il virus e perché, portando alla luce un piano sovversivo per rendere di dominio pubblico i loschi interessi della Umbrella corp.

Il film come è giusto che sia, è un susseguirsi di scene d’azione, alcune più riuscite di altre, ma la cosa interessante, è che i raccordi fra una scena e l’altra, fra un’azione e l’altra, sono del tutto arbitrari, anzi spesso e volentieri vengono proprio saltati, si arriva dal punto A al punto B senza sapere come, senza necessità, i rapporti fra le sequenze labili, viene sottratta allo spettatore una storia compiuta, si pone davanti ai suoi occhi una susseguirsi di “schemi� di “livelli�.

Il film è costruito proprio come un videogioco, dal livello 1, facile ed accessibile, via via verso una difficoltà maggiore, ai personaggi è richiesta abilità sempre maggiore per finire il film, con tanto di mostro finale.



Avalon - Mamoru Oshii (2001) 


In un futuro(?) indeterminato, dove sembra si viva sotto un potere repressivo e oscurantista, un videogico illegale di guerra pare essere una terra promessa, un'alternativa (avalon appunto) a quel mondo fatto di grigiume e solitudine. Ash, la nostra eroina, guerrriera solitaria nel gioco e nella sua vita, non ci penserà due volte a cercare di mettersi in contatto con il suo vecchio compagno di Party (e di vita?) Murphy, che entrato nel livello segreto del gioco, non è più tornato, rimanendo in stato vegetativo. Grazie all'aiuto di un Vescovo (una specie di giocatore-amministratore di sistema) riesce ad entrare nel livello segreto, o come viene definito dal vescovo Class-Real, una simulazione perfetta della realtà. Dove l'aspetterà un finale drammatico e in sospesensione, che lascierà lo spettatore perplesso, a rimuginare sulla fenomenologia manco fosse la bomba di Dark Star.

Prima di iniziare a parlare di questo film vorrei raccontarvi di un fatto che mi è accaduto un paio di anni fa...sono un videogiocatore accanito e mentre stavo tornando a casa dopo una lunga sessione di gioco a diablo II (un gioco di ruolo...si tratta di andare in giro ad ammazzare i mostri, fare punti esperienza e raccogliere gli oggetti che i mostri cacano quando vengono uccisi) sui campi intorno alle strade nei dintorni del mio paese inizio a vedere i nomi degli oggetti per terra come nel gioco...ora...non ero in uno stato alterato di coscienza e anche un'altro mio amico mi ha confessato che gli è capitata la stessa cosa. Non voglio addentrarmi sul perchè e il percome di queste trasposizioni, ma l'assunzione in dose massiccia di realtà-altra sicurmaente influenza la nostra percezione di questa realtà. Il contesto del film di Oshii è in parte e minimanete attualità..comunità, gilde, mondi e tanto ancora sono già presenti e “reali�, una realtà parallela che vive secondo leggi e regole variabili da gioco a gioco, da mondo a mondo, da sistema a sistema.

L'ambientazione che Oshii riporta in questa sua pellicola rimanda all'impero sovietico, sia per il grigiore e lo squallore delle location sia per i tipi di armi, che sono tutte di fabbricazione Russa. Questo è un punto centrale del film, che se trascurato rischia di appiattire il senso del film, che intreccia rapporti e connessioni tra la ricerca di affetto che accomuna ogni uomo, la lotta contropotere degli oppressi, la problematica relazione mente-corpo nel contesto culturale contemporaneo e l'eterna morbosità che lega realtà e virtualità (già Pigmalione aveva problemi con i simulacri, ma in questo caso il complesso sembra rovesciato, Pigmalione vuole una donna di avorio perchè sarebbe molto più fica e meno rompicoglioni di una donna vera).

Per dichiarazione dello stesso regista il film parla di una minoranza in lotta con il potere, quando Ash incontra Stunner, il ladro del suo vecchio Party (che si può tradure come “gruppo�, “squadra� ma anche come “Partito�) gli dice..<<è>> come se nell'età del silicio la sovversione non potrà che scorrere fra il mare dell'informazioneautomatica. La realtà di Ash è alienata, il tempo gli scorre lento e dilatato, la gente ha perso la propria umanità rimanendo immobile, imperturbabile, noiosa...gli unici ad aver conservato uno spirito dentro il corpo sono i cani, e Ash partirà alla ricerca del livello segreto proprio quando il suo cane, l'ultimo legame che aveva con il mondo, scomparirà misteriosamente.

Ash cerca in Avalon un'alternativa al suo mondo triste, una realtà binaria dove potrà essere finalmente libera (ma se il mondo grigio e cupo della sua realtà sembra alienarla, il mondo a fuoco e colori della realtà simulata pare altrettanto incombente, è la pubblicità che la schiaccia, e tutto quel transitare di corpi per i luoghi che attraversa non sembra meno allucinante del tram tremolante della sua realtà). Quando arriverà ad affrontare Murphy, con cui dovrà duellare per uscire dal livello segreto e tornare alla sua realtà, egli gli dirà a chiare parole che non deve farsi ingannare, è a quel mondo che appartiene (la realtà simulata), infatti per tutto il film si avverte una repulsione di Ash per il corpo e la corporalità, una scissione della mente dal corpo (in più di un'occasione Oshii mostra statue senza testa, solo nella realtà simulata una statua presenta anche la testa; che per ritrovare il proprio Io sia necessario liberarci da questo inutile involucro (guscio) che è il nostro corpo?). Ma non solo, Ash prova una repulsione innaturale per il cibo, non la vediamo mai mangiare, prepara il cibo per il suo cane come se fosse il suo uomo, ma prova addirittura disgusto (e noi con lei) quando vede mangiare Stunner (un suo vecchio compagno di party), personaggio umano, con un corpo dalle esigenze e dalle pulsioni forti, che appunto non potrà colpire il fantasma per accedere alla classe reale.

Ma la ricerca di Ash è anche una ricerca scopica, sono passati i tempi del fotografo di blow up, adesso non ci interessa più sapere se un'immagine può riportarci la realtà, ma imparare (forse imparare a rinunciare) a saper distinguere un'immagine reale da una simulata.

Comunque si interpreti il film non riusciremo mai a stabilire quale sia e se ci sia una vera realtà, la bambina che fa accedere al livello segreto la troviamo dentro l'ospedale che ospita i non-ritornati (ma forse è meglio chiamarli rimasti), il Vescovo sembra avere un'accesso illimitato ad ogni informazione, del gioco e del reale, lo vediamo osservare Ash attraverso un telescopio (che dovrebbe essere equipaggiamento del gioco) anche nella realtà.

Oshii pare affermare che non è importante se ciò che vediamo e percepiamo è reale, ma la capacità di saper gestire e organizzare le informazioni, di un mondo e dell'altro, poichè tutto è reale, anche se immateriale, e si richiede all' Homo Informaticus di riuscire a far comunicare i vari livelli di realtà, perchè anche se tendiamo sempre più verso una spiritualità binaria, saremo sempre legati ad un corpo fisico che ha necessità e bisogni propri. Murphy che è rimasto nella classe reale, sembra tutto meno che felice, tanto che preferirà farsi ammazzare piuttosto che continuare a vivere di puri byte.

La ricerca di un equilibrio fra ciò che sembra impossibile ma che non lo è e l'impossibilità di cancellare il programma realtà-corporale e riuscire a mantenere questo livello alto per tutto il gioco (la vita). È questo quello che fa il Vescovo (l'unico personaggio a suo agio di tutto il film e in tutti gli ambienti del film), ed è questo a cui arriverà (forse) alla fine del film Ash. Ed è anche quello a cui dobbiamo abituarci a imparare a fare, se nn vogliamo finire come i passeggeri del tram che prende Ash per tornare a casa o come i rimasti dentro l'ospedale.

Tutta la prima parte è immersa in un effetto flou e da una monocromia sul grigio-marrone che pone sullo stesso piano (quasi onirico) la realtà di Ash e il videogico, solo nell'ultima mezza ora, dove si accede alla classe reale torniamo all'alta definizione e al colore realistico, ciò da una forza incredibile (retroattiva) alle immagini che ci hanno accompagnato, perdiamo (come Ash) la capacità di distinguere e di valutare ciò che vediamo in rapporto a ciò che si è visto fino ad allora. Oshii fa anche un largo uso di manipolazione digitale dell'immagine, alla riproduzione fotografica si salda un quasi costante intervento manipolatorio, tutto è reale ma è tutto è illusione, la natura delle immagini di questo film è manifestata nel prologo del film, dove il regista ci cala per otto minuti all'interno del videogioco....carri armati stanno combattendo in piena campagnia, vengono bombardati e fatti saltare, ma l'esposione va in freeze, scopriamo che la colonna di fuoco e fumo che si alza non è altro che una texture gigantesca in 2D, Ash si materializza, e la realtà intorno a lei prende la forma di una città. Non solo non possiamo sapere se l'immagine è fedele alla realtà, ormai non possiamo più sapere nemmeno la natura (l'hardware) dell'immagine.

Un film che riesce a riportare in modo verosimile (non me ne vengono in mente altri) il medium videogioco (maledizione dovrremmo inventarci una nuova parola), un mondo che si sta tessendo rapporti sempre più stretti e bidirezionali con il medium cinema, sia dal per le storie e da come vengono raccontate sia per come le immagini vengono prodotte..ma questo indagare questi rapporti richiderebbe tempo e ricerche approfondite.

Concludo con due affermazioni superflue:

La “fortezza� contro la quale combattono prima di accedere al livello segreto ricorda proprio i vecchi “mostri finali� dei videogiochi da bar...ve li ricordate quei mega carriarmatoni che sparavano in tutte le direzioni e in ogni modo tanto da riempire tutto il monitor?

Finalmente un film dove quando uno si mette davanti ad un terminale digita solo quello che serve e non sta li due ore a digitare e digitare non si sa cosa. Avete presente in un qualsiasi film quanto scrivono per dare un comando? Mah...sarà ormai diventato un clichè e capisco che è effettivamente difficile visualizzare qualcuno che lavora ad un computer...ma vorrei tanto sapere cosa cazzo scrivono!!




Séance (Korei) – Kiyoshi Kurosawa (2000) 


Lei una Medium che riesce a sentire e vedere la presenza dei morti, lui un fonico per una televisione, vita piuttosto noiosa. Mentre il marito sta registrando dei suoni in un bosco, una bimba che sta scappando dal suo rapitore si nasconde dentro il baule delle attrezzature, riesce a nascondersi, ma verrà chiusa inconsapevolemente dentro e sarà portata a casa insieme a microfoni e registratori e lasciata in garage. La moglie, contattata dalla polizia immediatamente per le sue facoltà paranormali si accorge che la bimba è in casa sua, ma forse per proteggere il marito da possibili implicazioni nelle indagini, più probabilmente per dare una scossa alla sua vita progetta un piano per riportare la bambina ai genitori. Ma la polizia si insospettisce, e durante il colloquio fra un agente e la medium, il marito per far smettere di urlare la bimba la soffoca..ma un po' troppo...così si vedono costretti a sotterrare il cadavere. Ma l'immagine della bambina tornerà a tormentarli, apparendogli ovunque durante la loro vita...Con la rivoluzione digitale si è giunti ad una sorta di feticismo del terrifico, con spreco esibizionistico delle meraviglie ancora imperfette dell'immagine sintetica e di quanto poco convincenti siano (ancora) per spaventare, Kiyoshi Kurosawa mette in scena un horror dai tempi lentissimi, dilatati fino all'eccesso, dove piano piano, dalla “normalità� di quello che sta filmando (noiosa vita familiare e lavorativa) e dalla staticità dell'inquadratura (fissa o con lentissimi movimenti di macchina) balenano, come un'immagine subliminale, come disturbi su una frequenza radio, frammenti di una realtà altra. Gli basta indugiare su una busta con di Pop-Corn ballerini, far calare un mezzo braccio da una spalla, che la soglia fra la norma e l'allucinazione, tra il credibile e il suo contrario, fra la presenza fisica e quella immateriale (il marito è un fonico, cattura i suoni del mondo, la moglie una medium, riesce a sentire la traccia delle anime) viene a creare una tensione fortissima, che trascinerà lo spettatore in un vortice di paura e angoscia, in ogni immagine “normale� andrà a ricercare la stonatura, l'oggetto fuori posto, un angolo vuoto della casa, la presenza della bimba sarà sempre più forte e minacciosa, fino alla liberazione (?) finale.... L'inferno non è facile da sopportare...tantomeno in questa vita.




Primo Amore - M. Garrone (2004) 

Matteo Garrone did it again. È il commento che è stato lasciato sulla pagina di ?primo amore? su imdb . E non ci poteva essere commento più azzeccato. Dopo il Triangolo cammorr-omosessuale de L'imbalsamatore Garrone torna a raccontarc una storia d'amore morbosa, cruda e violenta. Vittorio (Vitaliano Trevisan) si innamora di Sonia (Michela Cescon) ma non del suo corpo, infatti la bella(fra i 50 e i 60kg) è troppo in carne per Vittorio, che la vorrebbe almeno 40 kg. E' un orafo, modella l'oro, ma preferisce lasciare la produzione di gioielli ai suoi dipendenti, lui preferisce dedicarsi a creare piccoli simulacri della sua donna ideale, un assemblaggio di ossa che richiamano la morte e la decadenza più che la passione e la gioia che una donna porta usualmente con se...e così Vittoriio si convince che può provare a modellare anche Sonia, la rinchiude in una torre in aperta campagna, e giorno dopo giorno Sonia sarà più leggera sulla bilancia, ma il prezzo da pagare sarà troppo alto per entrambi. Vittorio per controllare che la sua ragazza mangi solo quel poco che decide lui abbandonerà la sua ditta a se stessa, finendo per perderla, Sonia insieme ai kili perdere anche la gioia e la simpatia, la storia d'amore si trasscina avanti, triste e senza prospettive (i due si parlano, i primi piani sfuocati e Vittorio che dice a Sonia che c'è un problema, lui pensa già quando lei sarà 40kg mentre lei si pensa ancora sui 50kg) e più che Sonia dimagrisce più che entrambi sono infelici...fino a quando..... Si può leggere tutto in chiave ?femminista? e allora sarà la corruzione del maschio dominatore che per il proprio piacere visivo e per soddisfare le proprie pulsioni (in questo caso di morte) sottomette la femmina per piegarla alla propria volontà. (Sonia è oggetto scopico che subisce una rimodellazione (fa appunto da modella per chi dipinge) solo una volta si fa sogggetto ed è per provare invidia nei confronti di un'altra ragazza più magra di lei). Ma Vittorio e' una persona malata e la sua malattia peggiora con l'appassirsi di Sonia, avrebbe potuto non costringerla a dimagrire, lei avrebbe potuto tirarsi fuori da subito. Ma ci si mette di mezzo l'amore...e rende tutto più difficile. Si arriva a promettere ciò che non si può mantenere. Nella speranza di risolvere i problemi, sapendo che comunque vada prima o poi finirà. Mente e Corpo sempre insieme, sembra essere l'unica soluzione ma trascendere in puro spirito, liberandosi dal peso del corpo e di tutta la sporcizia che si porta dietro è sogno di un esistenza pura, emancipata dalle sofferenze e dai problemi. Un unico problema. Non si fugge dall'amore, non si scappa dal corpo.


Aoi Haru (Blue Spring) - Toshiaki Toyoda 2001 


Toyoda ci porta in uno dei luoghi più spietati e disumani che ci possano essere…guerra? carcere?

Il parco giochi di Himmler? ..no…ci accompagna in un luogo assai più crudele….la scuola superiore!!! Il giovane regista giapponese ci presenta una scuola insolita, almeno per quanto siamo abituati a pensare la scuola del sol levante: affollata, perfettamente organizzata ed estremamente selettiva. Fra i corridoi vuoti, imbrattati di scritte fino all’eccesso, si lotta ogni giorno per il rispetto, si gioca con la morte, ogni alunno della scuola sembra essere solo, disperato, ognuno cerca una via di fuga; ma sembra essere la morte il desiderio che accomuna tutti, dominatori e sottomessi, tant’è che la sfida rituale sul tetto della scuola, si vince avvicinandosi letteralmente quanto più possibile alla morte… e chi vince è Il Capo , indiscusso, per tutti, studenti e professori.

Gli alunni pensano al proprio futuro, alla propria vita e non vedono una via di uscita. La violenza gratuita, l’esercizio del potere, è un modo per diventare qualcuno, essere rispettato e da subito(per gli altri non resta che allenarsi da soli per uno sport di gruppo). Ma la violenza (o la solitudine?) sembra consumare tutti, chi entra nella yakuza, chi viene arrestato per omicidio (di un amico), chi perde improvvisamente la vista. Rimangono in due del vecchio gruppo di amici: Kujo, che pur essendo il capo si rende conto della situazione, e cerca difficilmente una via di fuga alternativa, e Aoki, che vuole impadronirsi del titolo dell’amico. La sfida non si può che svolgere sul tetto, ma il potere conquistato non vale l’amicizia. La scuola giapponese è probabilmente la più selettiva e individualista del mondo, Toyoda sembra vedere nell’amicizia l’unico modo per riuscire a pararsi il culo durante gli anni della scuola. Il futuro è incerto, ma quando si ha la certezza di aver fallito le proprie mete, con ancora tutta la vita davanti, la morte attira come una calamita. Qualche amicizia sincera può aiutare a restare sul proprio cammino. Tutto qui? Sembra sin troppo semplice il lavoro del regista, sia per come usa la macchina da presa: uno stile umile, misero (si limita alla telecamera a mano per le scene più veloci (forse non si arriva a tre). Sia per la linearità della storia, il cineasta si concede solamente di svelare il rapporto di amicizia profonda che legava i due amici solo nel finale, ciò costringe lo spettatore a ripensare tutto il film durante la sequenza finale. Ma ciò non deve trarre in inganno, la vera potenza del film sta nel suo crudo espressionismo, la scuola è fatiscente, i corridoi vuoti, sporchi fanno da cassa di risonanza alla vita degli alunni, Le scene più violente sono sempre cupe, sempre più nere. Lo stile è ridotto al minino come la voglia di vivere dei personaggi. Peccato che Toyoda faccia un paragone piuttosto banale fra gli studenti e i fiori che devono sbocciare, ma sicuramente il suo Blue Spring (primavera triste …la traduzione è mia) rimane un film da vedere. Come gli altri giovani del cinema giapponese (K.Kurosawa, S. Sono e il più esperto T. Miike) rappresentano una realtà dove la solitudine e la decadenza consumano dall’interno la società e l’individuo.




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