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venerdì, novembre 30, 2007
Le vite degli altri - Florian Henckel von Donnersmarck - 2006 

le vite degli altri
Repubblica Democratica Tedesca, uno spione della stasi viene messo a controllare un intellettuale organico che inizia a destare qualche sospetto agli occhi dei difensori del socialismo e perchè in fin dei conti la sua bella compagna interessa anche al ministro della cultura.

Quello che non mi convince di questo film, che per altro presenta una fotografia livida e contrastata che ci ha conquistato fin dai primi sguardi e che colleziona diversi punti regia (me li sono inventati ora, sono fighi) per eleganza e pregnanza/peso della rappresentazione quando si tratta di mettere in scena lo spione a lavoro, è il percorso di reazione che compie l'agente della stasi, da soldatino integerrimo a controrivoluzionario che per salvare un autore di teatro ci rimette la carriera e in potenza anche molto di più. Cosa è che fa muovere la morale dell'agente e spingerlo a salvare un'altra persona, dopo che presumiamo ne abbia fatte arrestare a decine? Il film non ce lo spiega, ce lo fa intuire da alcuni gesti, da alcuni fatti, che di per se non bastano certamente a giustificare una decisione di tale entità, se ci aggiungiamo poi che questi gesti vengono relegati in parte alla narrazione ne ricaviamo che, o il film è costruito male e mancano gli attanti, oppure l'attante c'è e bello grosso, si chiama rigetto del socialismo reale e se prendiamo il percorso dello spione sotto questo punto di vista le sue decisioni ci appaiono già più comprensibili, pur non facendoci capire proprio bene, riusciamo a credere che il nostro 007 comunista sia potuto venire meno al suo compito.
Lasciando anche stare anche tutto il blocco narrativo sull'articolo sui suicidi nell'ex DDR, che sembra messo in mezzo al film tanto per giustificare il fatto che lo scrittore avesse le cimici e per dare al nostro eroe una possibilità per mettere in pratica la propria prassi controrivoluzionaria accusiamo il film anche di una certa pesantezza dei dialoghi degli intellettuali, che contrapposti al linguaggio scarno e funzionale dei burocrati hanno il malaugurato esito di diventare ridondanti (forse, banalmente, anche perchè loro sono quelli che parlano e il burocrate è in ascolto).
Quello che però mi ha dato fastidio è che da come ci viene presentato il mondo sembra che solo negli stati comunisti venisse controllata la posta e personaggi scomodi venissero messi sottocontrollo.

Bellissimi i giacchettini di Ulrich Mühe, delle volte pensavo che fossero espressivi quanto l'attore, che effettivamente è bravissimo, quando rinasco voglio iscrivermi alla Stasi solo per poter indossare quei giacchetti grigi.

La fiducia è bene, il controllo è meglio. Lenin

venerdì, novembre 23, 2007
Simply Actors - Hing-Ka Chan / Patrick Leung - 2007 


C'è un agente di polizia che per imparare ad essere credibile come infiltrato viene spedito a scuola di recitazione, dove incontra Charlene Choi che vuole migliorare le sue qualità di attrice softporno.

Un film che mi permette di fantasticare su un ipotetica carriera da porno attrice di Charlene Choi è già più di quanto desiderassi vedere, ma le sorprese per questo film selezionato random (non sapevo nemmeno ci fosse l'attrice più sexy del mondo exaequo con Jessica Alba) si sono moltiplicate via via che il film scorreva.
Certo, non tutto funziona come dovrebbe, la narrazione procede un po' a singhiozzi e per sequenze autarchiche, il che rende il film seppur scorrevole un po' troppo frammentato e inoltre tutta la prima parte che si svolge principalmente nella scuola di recitazione sembra una versione cantonese di Saranno Famosi, con la sola piccola differenza che al posto di Maria De Filippi c'è Eric Tsang a insegnargli.
Ma la presenza di Tsang non è solitaria, fanno la loro comparsa nel film (in cammeo più o meno lunghi): Wilson Wip, Patrick Tam, Alan Mak, Anthony Wong, Ann Hui, Suet Lam e Fruit Chan...e ho come l'impressione di essermene perso qualcuno.
Subito leggendo i nomi e la trama si penserà ad una commedia divertente incentrata sulla recitazione e sull'autoriflessività. Nessuno sano di mente si sognerebbe di negarlo, ma a differenza che ne so di My name is fame (che consiglio vivamente di recuperare) dove mi sembrava che il discorso metalinguistico (anche se costruito meglio e di tutt'altro spessore) fosse fine a se stesso qui si prende spunto dal ruolo dell'attore per parlare delle persone, per parlare ad un pubblico giovane e magari suggerigli che il sogno di "saranno famosi" non è qualcosa a cui bisogna aspirare ma che per fare il poliziotto o per fare l'attore bisogna prima imparare a recitare (perchè è questa le tesi su cui si basa il film, citando una famosa frase di Shakespeare nei titoli di coda) nella vita reale, impegnarsi e migliorare costantemente la propria recitazione nella vita per quello di cui si ha bisogno, da fare l'attricetta porno, a fare il capo della polizia che deve dare l'annuncio di un agente morto in servizio.
Nonostante tutto ciò, che comunque è ad un livello piuttosto nascosto, il film è indubbiamente divertente, se poi conosciete un minimo di personaggi del cinema HongKongese lo sarà ancora di più, ma scene come quella del film porno "the lord of the drains", e ancor di più quella dove i due protagonisti provano quella scena in mezzo ad un refertorio, sono risate grasse che stimolano l'ilarità su più livelli, da quello basso e caciarone del paragone sessuale salendo su per giochi narrativi e caratterizzazione dei personaggi.
Charlene Choi sta diventando sempre più brava, piano piano sta perdendo quel tono recitativo da bambina viziata e sta trasformando (anche se ancora non ci riesce perfettamente) le sue parti da caratteri a personaggi. Grossa sorpresa invece Sui-man Chim, che non conoscevo e che riesce da una recitazione costantemente (per ragioni di sceneggiatura) sopra le righe (che brutta espressione, l'inglese overacting centra nettamente di più il punto) a tirare fuori un personaggio dai tratti emozionali veri.

Se siete orientofili è da mettere in wishlist.

giovedì, novembre 22, 2007
comedy is outdated 


giovedì, novembre 15, 2007



Portland Blues - Wai Man Yip - 1998 


Dall'importantissima serie di Young and Dangerous, importantissima serie Hongkongese che non ho ancora visto, questo spin-off dal quarto film che racconta di come Tsui Siu Siu sia diventata il boss di Portland Street, e Tsui Siu Siu è una donna, ed è anche lesbica.

Non siamo di fronte, aldilà della -pur non banale- figura anomala del protagonsta, alle canoniche situazioni drammatiche da film di gangster. Sebbene tutto ruoti intorno all'onore e agli affetti, al potere e alla violenza e che la densissima attività narrativa accumula forse in modo un po' troppo frettoloso le vicende, quello di cui Tsui Siu Siu investe la storia e tutti i suoi risvolti riesce a dare una prospettiva nuova e quasi sempre convincente ai vari stereotipi da gangster movie.
Tsui Siu Siu è un maschiaccio, fa da ruffiano ad una sua bella e troieggiante amica, si veste con la salopette e porta i capelli corti, oppure la vediamo vestita in abiti eleganti (per un mafioso) da uomo, ma è il contrasto con la sua femminilità che viene costantemente fuori a regalarci le maggiori soddisfazioni spettatoriali, quando chiede un abbraccio al ragazzo per cui sbavava dietro, quando si confida con la sua amica, quando più semplicemente è turbata dopo aver ucciso qualcuno (ce lo vedete convincente un personaggio interpetato da Francis Ng che è turbato e commosso dopo che ha ucciso qualcuno?) e che sopratutto grazie ad una recitazione veramente notevole (nonostante qualche caduta) di Sandra Ng resta tutto in piedi, e come ho scritto prima non è che la sceneggiatura avesse dato sufficente respiro a tutto il materiale drammatico per svilupparsi a dovere.

Comunque sia è da recuperare. Se lo avessero intitolato The Lesbian Boss secondo me ora era un film molto più conosciuto.

giovedì, novembre 08, 2007


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