
La storia è semplice ed essenziale, ci si occupa solo delle ragazze e del viaggio che affrontano, il dramma personale (di chi mette in gioco la propria vita nella speranza che questa migliori) viene affrontato da vicinio, stando sempre al servizio dei personaggi, ci si commuove e condividiamo la tensione (magistrali le sequenze del viaggio in aerero e dei controlli in dogana, dove un montaggio veloce e angoli di ripresa assolutamente neutrali ci trasmettono tutta la tensione di una situazione (apparentenente) normale) e sebbene la straordinaria (nella sua semplicità e leggerezza) recitazione della giovaanissima e attraente Catalina Sandino Moreno riesca sempre a farci empatizzare con il suo personaggio, il regista riesce a non far cadere il film nel melodramma sdolcinato (primo rischio a cui era esposto il film) né a trasformare il tutto in un'analisi political-pedagocica sul sistema della droga e sui suoi metodi (secondo rischio del film), ma si mantiene severo, semplice senza essere banale e struggente senza essere melenzo.
Lo spettatore attento sarpà riconoscere anche le continue frecciate alla socitetà (nessuno escluso) e all'alienazione. Ed è proprio su questo punto che il film non riesce a mantenersi ad altissimi livelli, dopo essere passato indenne ai pericoli dell'ideologizzazione (di qualunque tipo) cade nel più vecchio e trito stereotipo. L'opposizione Città-Campagna. La prima (Bogotà o NY) come luogo di perdizione e la seconda come il luogo dell'innocenza perduta e dei vecchi principi.