
Repubblica Democratica Tedesca, uno spione della stasi viene messo a controllare un intellettuale organico che inizia a destare qualche sospetto agli occhi dei difensori del socialismo e perchè in fin dei conti la sua bella compagna interessa anche al ministro della cultura.
Quello che non mi convince di questo film, che per altro presenta una fotografia livida e contrastata che ci ha conquistato fin dai primi sguardi e che colleziona diversi punti regia (me li sono inventati ora, sono fighi) per eleganza e pregnanza/peso della rappresentazione quando si tratta di mettere in scena lo spione a lavoro, è il percorso di reazione che compie l'agente della stasi, da soldatino integerrimo a controrivoluzionario che per salvare un autore di teatro ci rimette la carriera e in potenza anche molto di più. Cosa è che fa muovere la morale dell'agente e spingerlo a salvare un'altra persona, dopo che presumiamo ne abbia fatte arrestare a decine? Il film non ce lo spiega, ce lo fa intuire da alcuni gesti, da alcuni fatti, che di per se non bastano certamente a giustificare una decisione di tale entità, se ci aggiungiamo poi che questi gesti vengono relegati in parte alla narrazione ne ricaviamo che, o il film è costruito male e mancano gli attanti, oppure l'attante c'è e bello grosso, si chiama rigetto del socialismo reale e se prendiamo il percorso dello spione sotto questo punto di vista le sue decisioni ci appaiono già più comprensibili, pur non facendoci capire proprio bene, riusciamo a credere che il nostro 007 comunista sia potuto venire meno al suo compito.
Lasciando anche stare anche tutto il blocco narrativo sull'articolo sui suicidi nell'ex DDR, che sembra messo in mezzo al film tanto per giustificare il fatto che lo scrittore avesse le cimici e per dare al nostro eroe una possibilità per mettere in pratica la propria prassi controrivoluzionaria accusiamo il film anche di una certa pesantezza dei dialoghi degli intellettuali, che contrapposti al linguaggio scarno e funzionale dei burocrati hanno il malaugurato esito di diventare ridondanti (forse, banalmente, anche perchè loro sono quelli che parlano e il burocrate è in ascolto).
Quello che però mi ha dato fastidio è che da come ci viene presentato il mondo sembra che solo negli stati comunisti venisse controllata la posta e personaggi scomodi venissero messi sottocontrollo.
Bellissimi i giacchettini di Ulrich Mühe, delle volte pensavo che fossero espressivi quanto l'attore, che effettivamente è bravissimo, quando rinasco voglio iscrivermi alla Stasi solo per poter indossare quei giacchetti grigi.
La fiducia è bene, il controllo è meglio. Lenin