Un giovane mormone dello Utah viene convinto a recitare in un film porno dove interpreterà il supereroe Orgazmo, che grazie ad uno speciale raggio laser fa venire i suoi nemici all'istante.
Il suo amico e aiutante Choda Boy, laureato al mit e campione di kung fu nello stile del criceto, inventerà davvero il raggio orgazmo, così saranno veramente i due supereroi e combatteranno il crimine.
Dopo Cannibal The Musical, che sebbene contenga alcune gag e canzoni divertentissime non mi ha convinto appieno, ecco un lavoro
dai creatori di south park che riesce in pieno a mischiare la loro personale comicità con l'attitudine Troma.
Di situazioni esilaranti se ne possono trovare a pacchi, mi limito a citare il giapponese susharolo rappuso, la prima volta che il protagonista si trova sul set e rimane basito, quando lui racconta passi della bibbia ad una vecchia pornostar che gli parla di doppie prenetazioni, quando vanno in giro a far godere le vecchiette e i rabbini con l'orgazmorazor e infine le copertine dei film con Gesù (raging Jesus, pulp Jesus, the god the bad the Jesus).
La trama è come al solito una lunga sequenza di stereotipi narrativi e cinematografici, usati con dileggio e demenzialità: sembra che non sappiano fare altro, ma forse è solo il postmoderno che incombe, ma poco importa, perchè fanno ridere.
La regia è molto più pulita e fluida del loro primo live action, e anche nelle numerose scene di combattimento Parker si dimostra capace di fare il suo mestiere.
Il mondo della pornografia è visto senza alcuna lente ideologica, senza alcuna morbosità o posticcio decadentismo ... ed è probabilmente qui che il film lo mette dentro (perdonatemi la metafora).
Una parte anche per il famosissimo
Ron Jeremy, che oltre a dimostrarsi valido caratterista non sfigura (più di tanto) nemmeno con il kung fu....
Se vi piace SouthPark è da vedere.
mercoledì, maggio 25, 2005
Una narrazione ad incastro (si, ancora una volta) per un action movie a metà strada fra HongKong e Guy Ritchie.
Gli svariati e gli ormai più o meno macchiettizzati personaggi (dova l'amicizia delle due donne è in primo piano) si contendono (imbrogliandosi l'un l'altro) una borsa piena di soldi, si gravita attorno al mondo dei combattimenti fra cani (metafora degli ammazzamenti fra gli attori?), alla piccola estorsione, ai delinquenti di serie b.
Il montaggio è ciò che colpisce di più, veloce, ardito (senza però la goliardia di Ritchie); scandisce un ritmo vorticoso, tiene assieme (e in contemporanea) i mille piani narrativi, svela, ricostruisce e "colpisce di scena".
La regia è senza dubbio buona, degna di lode nelle numerose sequenze di combattimento corpo a corpo: feroci e interminabili (e si vede la passione del regista per Bruce Lee), ma manca forse di personalità (o almeno è questa l'impressione che ho avuto) o forse più semplicemente di freschezza.
Messi da parte questi dubbi rimane un lavoro solido, dove anche la storia, malgrado gli eccessi e le forzature (un tipo fa a mazzate, subendo grandemente, da praticamente metà film in poi), riesce anche a coinvolgere.
Il film poi scorre leggero e facile, utile per una decompressione...il ragazzo poi è giovane, e uno che va a presentare un film ad un festival in tuta da ginnastica ha tutto il mio rispetto.
Qualche caduta su alcune gag (non su altre) , la scazzottata finale fra il boss e la ragazza (dove lui la distrugge dai cazzotti) è riuscitissima: ignorante come la merda (come diceva mio nonno).
domenica, maggio 22, 2005
"Lascialo vivere da solo, senza che causi del male, senza preoccupazioni; come un elefante nella foresta degli elefanti"
Ancora non ero nato, ma già era tutto già accaduto, anche allora, era già accaduto tutto; tanto tempo fa, in una galassia lontana...
Episodio III è il film più cupo, quello che più si appoggia al mito/immaginario della trilogia classica - trovarsi a mordersi i pugni ed accorgersi che è per tutta la durata del film che lo si sta facendo - e allo stesso tempo ne è materia fondante, è ciò che spiega e ciò che dà origine, è archetipo, è l'inizio nella fine: perchè se è vero che è il terzo episodio, è anche vero che è l'ultimo, e che la festa del ritorno dello Jedi è pura illusione, perchè Lucas non ci ha lasciato con lo Jedi in festa, Lucas ci ha lasciato con Darth Vader e l'Imperatore che guardano compiaciuti la Death Star in costruzione, e, se non fosse che Lucas di politica e fascistizzazione ne parla in maniera massiccia ed esplicita nel corso del film, si coglierebbe l'occasione per evidenziare lo sguardo preoccupato del regista sul panorama attuale della nostra galassia... ma, anche se è la fine, anche se è l'inizio, anche se lo Jedi è costretto a nascondersi, anche se il futuro è Oscuro, ci sarà sempre una nuova speranza, ci sarà sempre qualcuno pronto a raccogliere una spada laser, Star Wars non finisce mai, la struttura non è quella di una doppia trilogia, ma quella dell'
uroboros (il serpente che si morde la coda), ma a forma di otto.
Ogni dialogo e ogni fatto rimanda ad altro, si va sempre a interrogare l'ipertesto della saga, si spiega il come e il perchè di certi avvenimenti, di certi dialoghi, di certe ingenuità sconcertanti, se ne sancisce l'inesorabilità, la pregnanza, l'efficacia postuma e retroattiva, si fa luce su misteri e se ne pongono di nuovi; il tutto si va a legare al resto della saga, il tutto collassa nell'oscurità del male, che stringe la sua morsa intorno ai personaggi, al personaggio: melò familiare, privato, da soap, che decide e predispone il destino dell'universo.
Ed è un crescere continuo di Oscurità e di Paura, di Male, di Ambizione, di Complotto, di Dolore, non c'è redenzione, non c'è vittoria.
Niente battute o personaggi buffi, silenzio religioso in sala, l'avvento del lato oscuro, iniziato in sordina fra i fuochi d'artificio (armi di distrazione di massa) , qui arriva a compimento...
Dopo l'orgasmatica sequenza iniziale c'è poco spazio, poche battaglie: Lucas fa di questo il film che più guarda ai drammi umani e (più esplicitamente degli altri) alla politica: per Anakin non ci può essere altra via, e questo noi lo sappiamo bene, e lo vediamo sempre più corrotto dal Lato Oscuro della Forza, diventare [O]scuro dentro e fuori, sempre più ambizioso, e con sempre più paura di perdere il potere e sempre più voglia di dominare gli altri: tutto il film è sul passaggio, sulla trasformazione graduale e inarrestabile di Skywalker, sulle sue riluttanze e sul suo dolore privato; consapevole poi che la sua è una scelta sbagliata, porterà avanti un progetto che non lo può più interessare: dopo la fine si occuperà solo di far soffrire gli altri perchè lui ha sofferto - Epico, Tragico e Romantico lui è - ed è per questo che Darth Vader non può che ispirarci la più sentita e sincera pena; è per questo che il suo dolore diviene il nostro dolore.
E si soffre, e si sta male, e ci si contorce per gli spasmi, Maestro Yoda costretto all'esilio, i cavalieri Jedi uccisi a tradimento, complotti e menti spigolosi sotto cappucci, democrazia affogata negli applausi, il senato imbavagliato, l'esercito di cloni asservito al potere dei Sith, la tecnologia/design lucente e positivista dei primi episodi come è veloce, come è repentina, violenta e naturale nella sua involuzione razionalista e reazionaria: divise grigie, navi triangolari, quadri di comando mondrianiani.
Lato Oscuro della Forza....
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
Lato Oscuro della Forza.
"Ti stavo aspettando Obi Wan, ci rincontriamo finalmente, ora il cerchio è completo;
quando ti ho lasciato non ero che un discepolo, ora sono io il maestro"
Quanto sono stato stupido a pensare che questa fosse la battuta più bella della storia del cinema....solo adesso lo è!; solo dopo aver Visto, solo dopo che Sappiamo, è solo dopo il prima che quella frase dopo quasi trenta anni arriverà con tutta la sua Forza.
"Non puoi vincere Darth, se tu mi abbatti io diventerò più potente di
quanto tu possa immaginare."
Solo ora sappiamo cosa voleva veramente dire Obi Wan.
mercoledì, maggio 18, 2005
Gli ultimi(o) giorni(o) di vita di una specie di Kurt Cobain, che vaga per i boschi e per le stanze di una villa in decadenza; prima di morire: è triste, solo e strafatto (vediamo solo gli effetti).
Estremamente noioso, privo di azione e spogliato del dramma, vorrebbe far emergere l'umanità, la disperazione privata di un personaggio pubblico, ma i lunghissimi primi piani muti, la mdp che segue il personaggio nel bosco e le angolazioni neutre di ripresa, finiscono qui per cadere nel più altezzoso psicologismo andando più volte a sconfinare nell'agiografia maledettista.
Di una noia incalcolabile.
Stimolante dal punto di vista formale (narrazione in loop, suono diegetico che diegetico scopriamo non essere, interminabili zoomback, un primo piano di una tv con il video dei Boyz II Men [una specie di backstreetboys neri] tenuto quasi per intero) mi ha lasciato più volte dubbioso (tutti i "dialoghi" di Kurt con il mondo esterno, meglio sarebbe invertire i termini) una volta inferocito (ma come si fa a fare una morte come quella? [l'anima in sovraimpressione che si stacca dal corpo]...come si fa? come si fa?...come si fa a farla?! perchè è un regista artsy ingenuo e borioso, ecco perchè!) e solo il video in primo piano mi sembra cosa riuscita (insieme ai titoli di testa messi in coda).
L'attore non è nemmeno male, ma non basta un po' di trucco per cambiare una faccia da fighetto in quella gonfia e puzzolente di un drogato-alcolizzato.
Asia Argento riesce a irritare anche quando nn fa niente.
Il compagno di visione Kekkoz, dispiaciuto e deluso, io invece sono andato a vederlo per fomentare la mia antipatia verso Van Sant, quindi mi posso ritenere tutto sommato soddisfatto, e in più ho fottuto la locandina di OldBoy al cinema...venite a chiedermi i soldi stronzi.
Il Golden Boy del Judo si è ritirato, ora si dedica all'alcolismo e tiene un locale notturno sommerso di debiti. Stringerà amicizia con una ragazza che viene da lui per cercare lavoro e con un giovane Judoka che lo vuole sfidare.
Richiami Kurosawani piuttosto espliciti (stendiamo un velo pietoso sulla mia conoscenza del maestro) per questo To che nonostante tutto il bene che ne dicono amici cineblog, e tutta la fotta che mi ha trasmesso PTU, non è riuscito ad entusiasmarmi; il dramma rappresentato è esplicitamente Toiano (o forse più generalmente HKese), con la decadenza dei miti e del codice d'onore e la ribellione romantica dei protagonisti, la fotografia è forse la più eccessiva (smargiassa) che gli ho visto girare, ma non riesce ad arrivare alle vette liriche di AHND o alla freddezza di PTU. Ho visto anche (con dispiacere e una punta di insofferenza) un ricorso alla metafora (il palloncino incastrato fra i rami degli alberi e la scia di banconote durante la fuga) che appesantisce il film di accessori ideologici senza che questi si fondino nella struttura del film.
Anche a livello di sceneggiatura mi sembra rattoppata in più punti (ma questo interessa poco a me e mi sembra molto meno a To).
Certo che quando i gangster si schienano (in ralenti) a mosse di Judo dentro e fuori il locale non si può fare altro che rimanere a bocca aperta; non si può che empatizzare con il forte spirito comunitario del film: non conta tanto avere potere o soldi, è l'appartenenza al mondo del judo, e il rispetto che si guadagna sul tatami, a garantire una fratellanza (e dei doveri) anche con chi dovrebbe essere un nemico, questo come scudo ad una società dove o si arriva al successo o si fa la puttana, dove il cash è l'unico amico e dove il rivale va buttato a terra (ecco perchè proprio il Judo?).
Gangsterismo Romantico VS Capitalismo Selvaggio.
Stavo per piangere (quasi mai mi succede e non capisco proprio perchè mi è capitato in quel punto) quando il tipo accarezza il Tatami e gli torna la voglia di combattere prima della fine.
Un superlativo utilizzo (in tutti i modi) della musica.
domenica, maggio 15, 2005
Sciopero: Eisenstein fa sgozzare un bue mentre la polizia spara sui lavoratori in sciopero.
Greed: Un tipo muore nel deserto perchè sua moglie è di braccine corte.
La regle du jeu: Dei borghesi fanno una festa e i servi vorrebbero fare i borghesi.
Nanook of the North: Gli eschimesi abitano in un luogo freddo.
L'uomo con la macchina da presa: Vertov fa riprendere delle immagini di vita reale e le monta a caso.
Il crollo della casa degli Usher: Sequenze di immagini, alcune a rallentatore, c'è una trama ma non si capisce.
Quarto Potere: Un giornalista viene inquadrato dal basso.
Europa 51: Un figlio si suicida e la mamma impazzisce (ma non è vero che impazzisce).
Il gabinetto del dottor Caligari: Weine fa prendere LSD al suo scenografo.
Diario di un curato di campagna: Un prete è in crisi religiosa, ma in realtà è un ubriacone pedofilo.
Johnnie To dirige un Noir impressionante, convulso.
In una HongKong nottura e deserta, nella dicotomia luce (bianchissima, dei lampioni) tenebra. Si mettono in scena i poteri di HK a combattersi per strada, dove non c'è spazio per civili: o triad member o poliziotti.
Ed è verso la violenza e la menzogna legalmente riconosciute che si scaglia To. La brutalità della polizia viene presentata (con degli agghiaccianti controcampi statici sui volti dei superiori) come procedura standard di attività. La menzogna e l'infamia come scappatoia legalizzata per il potere costituito.
Fin dalla prima sequenza è un crescendo di tensione e curiosità, campi lunghi, primi piani, macchina statica o in ardito movimento, il tutto va (come [quasi] sempre in quel po' di To che ho visto) a dilatare lo spaziotempo dell'azione; il profilmico sembra un freezeframe in movimento che To scompone, attraversa, analizza, ma che lascia sostanzialmente "aperto". Questo per estendere/amplificare un'emozione, un significato: carica così la sequenza successiva della suspance della precedente (e così via) in modo da tenere per le palle lo spettatore fino all'apocalisse finale (esagerata e inesorabile proprio come piace a noi), prima di quella è tutto un chiamarsi al cellulare, un salire e scendere di macchina, un fumare sigarette, un confrontarsi/scontrarsi di poteri (Triadi vs poliziotti vs agenti speciali).
L'arma perduta del capo, che fa scattare le indagini (illegali) per ritrovarla, è un facile espediente -vero-, ma lo stesso To se ne farà beffa (con quella risata proprio in quel momento fatta proprio in quel modo dal capo della polizia).
E' un McGuffin perfetto per del gran bel KickAss cinema.
Sono estasiato.
E' nata una nuova creatura dalla Murda.
Per ora ho messo due "inediti" e altre microstroie che ho pubblicato su
graziedavvero, oltre che alla mia bellissima gif animata.
Ci caco i miei microracconti e altre puttanate.
Check this out!
Un grazie speciale a
Daesu e
Goljadkin (loro sanno perchè) e ai miei professori (greco e filosofia in primis) del liceo, senza i quali Frank Zanchetti e gli altri non sarebbero mai nati.
Shouts to: Tomas Milian, Luc Merenda, Henry Silva, Maurizio Merli, Bruce Lee, Chia-Liang Liu, Philip K. Dick, Richard Stallman, Bobba Fett, gli smargiassi tutti, Batou, Smith & Wesson, Mobb Deep, John Gotti, Pietro Pacciani,
le Alfettone e le vecchie Ford.
mercoledì, maggio 11, 2005
Un tipo uccide il datore di lavoro, ma prima passa la sua medusa velenosa al suo amico, in modo che la faccia adattare all'acqua dolce.
Poi il tipo si uccide in carcere, il padre cerca il figlio nell'amico, che cerca una via per il proprio futuro....nel mentre meduse rosse scorrono nei canali di Tokyo e giovani con le magliette del che (bianche) camminano verso il futuro.
Si torna a indagare il rapporto conflittuale fra individuo e società nel Giappone di oggi.
KKurosawa è scarno, distaccato, la videocamera (è girato con un digitale sporco e livido, coi bianchi sovraepsosti...luminosi) sta ferma a riprendere un mondo ingabbiato nella geometria degli spazi e dei movimenti degli attori, costretti nelle rigide linee della scenografia tracciate da una tecnologia (l'industria jappo?) ormai divenuta spazzatura buona per il riciclo.
Eppure dalla frammentazione degli eventi, dal basso registro con cui ci si pone di fronte ai drammi, dalla più generica lentezza narrativa e dal senso di smarrimento in cui getterà chi guarda, si riuscirà ad adattarsi, a entrare nell'universo del film, a cercare un futuro (nella narrazione per noi, nella vita nella società per i personaggi) che apparirà di colpo (e irrazionalmente) nella forma di una rivelazione mesta, quasi a film finito (le meduse in massa qui, l'uomo di fronte a charisma là).
Qui Si sottolinea il bisogno dell'utopia, dell'irrazionale dei buoni sentimenti per riuscire ad andare avanti anche senza un obbiettivo (la produttività, lo spirito nazionale...).
La gioventù di oggi non accetta più la subordinazione di tipo militarista del Giappone, almeno questo sembra dirmi Kurosawa (in un orecchio).
Una sceneggiatura impeccabile che concede tempo per la decifrazione (o quanto meno per provare a farlo) dei simboli e delle allegorie: ci si può diveritre a trovare interpretazioni fino alla noia.
La sequenza finale con i giovani che bighellonano-camminano-manifestano con le magliette del Che bianche sono forse le immagini più passionali, ma c'è veramente tanta altra roba sia a livello tematico che formale: come gli splitscreen sullo stesso campo che saranno poi riusati (se la memoria non mi inganna) in Doppelganger...e il consueto lavoro sul sonoro (è un cazzo di asincronista).
Pomidori uccidono misteriosamente le persone, si scatena il caos che porterà ad una guerra fra umani e vegetali, ma si riuscirà a mettere fine a questa minaccia grazie ad una canzone (Puberty Love) che inibisce i pomodori controllati da burocrati deviati. (Si parodia la sci-fi classica)
Serie B stupidissima e demenziale: una boiata di film che fallisce ogni tentativo di satira (bersagli preferiti la middleclass, l'esercito e il potere politico) e si trascina avanti fra una scenetta e l'altra.
Ma gli attacchi dei pomodori (che rotolano dietro alle persone) e altre idiozie (l'undercover agent che si traveste da pomodoro e si infiltra nella base dei killer tomatoes....e chiede del ketchup mentre mangia carne umana) sono davvero divertenti (io mi sbellicavo alla parodia dello squalo coi pomodori che galleggiano vicino alle bagnanti).
Se si ama il genere demenziale è un must see, anche se è pieno di difetti, anche se manca completamente di compattezza e struttura e anche se non sempre è spassoso (complice anche il tempo passato) bastano due fotogrammi o una notizia alla radio per rimanere sbigottiti....e poi dura poco.
"First we have to convince the little housewife out there that the tomato which ate the family pet is not dangerous."
E guardate un po' questa
immagine...vi ricorda nulla?...5?
domenica, maggio 08, 2005
I. Perchè Park mischia la sua abilità nel venire incontro ai gusti del pubblico (JSA) alla sua ricerca sulla violenza e sulla traumaticità della rappresentazione (Sympathy for MR. Vengeance).
II. Perchè riesce a implementare su di una rappresentazione di superficie una tragedia, dove si arriva al profondo dell'animo umano attraverso l'icona e l'estensione (quello che non è riuscito a Tarantino, che ha messo la superfice da una parte e il dramma dall'altra).
III. Stili e Temi si riflettono e si fondono gli uni negli altri; lo spettatore è trasportato nella vendetta e nella disperazione da ogni scelta di Park.
Quello del corridoio è il più bel combattimento che abbia mai visto, perchè mantenendo l'integrità, la fatica e la sofferenza degli attori ne guagagna la credibilità e il realismo, che Park annienta con una coltellata rovesciando l'immagine per farla diventare una metafora: La Vendetta.
Park si dimostra capace di piegare qualsiasi forma alle sue volontà.
Non utilizza forme del fumetto (sia in regia ma soprattutto sulle posture degli attori) per rendere la confezione più trendy, e nemmeno in funzione straniante; è grazie alla codifica che si fa del materiale (non scordiamoci che viene da un manga) che questo è capace di reggere e sostenere i colpi di sceneggiatura più arditi.
IV. In giro si dice: è un film violentissimo, è un film immorale, è un film girato proprio bene, è un film mediocre.... .... non ho ancora sentito dire "è un film coi cinesi".
V. Un capolavoro deve invecchiare almeno 10 anni prima di essere tale, quindi per scrivere la numero 5 è ancora presto.
Kuan Tai Chen vuole vendicare il suo maestro ucciso da Pai Mei. Mentre si allena duramente trova anche il tempo per sposarsi e prolificare, suo figlio sarà educato dalla madre alla di lei arte marziale.
Alla resa dei conti Pai Mei liquida Kuan Tai. Il figlio allora imparerà la tecnica del padre da un vecchio libro, la mischierà con lo stile della madre e caverà gli occhi a Pai Mei.
Atmosfere da commedia familiare nella casa di Mr. Vendetta, dopo che la moglie gli si è concessa (ma solo dopo che lui è riuscito ad aprirgli le cosce con il suo Kung fu) a lei spettano i lavori domestici e l'educazione delle arti marziali al figlio (che però essendo maschio si deve vestire come una ragazza per imparare le arti marziali della madre...come mai?..boh!) al marito di allenarsi duramente per liberare il tempio Shaolin dalla dominazione del fellone e dei Mancesi.
All'alta qualità delle coreografie, di arti marziali se ne sono viste di migliori (Kuan Tai è un lentone) ma il gran numero di tricks e contro tricks in piani ravvicinati (che mantengono sempre una buona fluidità visiva) tengono viva l'emozione e deliziano per ricercatezza.
Pai Mei ha una tecnica segreta, riesce a muovere le palle, le sue: le fa rientrare per catturare il piede del suo avversario e immobilizzarlo così per il colpo mortale.
Divertentissimi i battibecchi kung fu fra moglie e marito. Anche se ancora non si raggiungono le vette di Shaolin challanges Nija, un po' perchè la donna qui non ambisce all'emancipazione ma è ben felice della sua vita da massaia sottomessa, molto di più perchè Kuan Tai non regge in un'atmosfera rilassata.
Peccato che Gordon Liu allora ventiduenne ci rimanga secco al secondo combattimento, non era ancora famoso, ma l'effetto (oggi, ai miei occhi) è stato quello di Psycho.
Ci sono delle deficenze che pesano come macigni.
Una di queste era per me Sam Fuller, ero vergine delle sue immagini...ma da tanto tempo un suo film mi chiedeva insistentemente di farsi vedere.
Ieri (finalmente) ero ispirato (mi ci è voluto quasi un anno) e sono entrato nel corridoio della paura.
Un giornalista vuole vincere il pulizer, si fa rinchiudere in un manicomio per scoprire un assassino, lo scoprirà, ma poi dovrà nuovamente essere internato: il suo cervello è andato in pappa.
Macchina mobile che si avvicina alla psiche(drammatica) del personaggio, nella quale penetriamo, ascoltandone i pensieri tesi ormai alla follia.
Crudo e privo di velleità, sostenuto oltre che dalla recitazione pacata del protagonista da una sceneggiatura di ferro che è capace grazie all'ottima costruzione drammatica di non far cadere la rappresentazione durante le visualizzazioni della follia (sia dall'esterno che dall'interno), tantochè la sequenza del diluvio dentro il corridoio rende con naturalità spaventosa l'incombere/sopraggiungere di una ciucca senza ritorno.
La fotografia dalla marca espressionista riflette la dielettica follia-ragione nello scontro dei bianchi e dei neri contrastati, nelle ombre che si proiettano minacciose sulle pareti del corridoio (della pazzia).
Quello del protagonista è un viaggio nelle contraddizioni tutte interne agli USA del tempo, dove la malattia sociale è causata dai problemi che da sempre affliggono gli yankee (anche oggi): razzismo, emarginazione, militarismo.
Problemi messi in campo attraverso i matti che il giornalista dovrà affrontare (sul piano mentale) per poter raggiungere la verità.
Se oltre a questo dissacrante ritratto si aggiunge la pietosa condizione finale del protagonista otteniamo uno sguardo disincantato e scettico sul mondo: dove si è capaci di fare qualsiasi cosa per il successo; condotta che è analogo (e porta) della malattia mentale.
Truffaut scrisse "Sam Fuller is not a beginner, he is a primitive; his mind is not rudimentary, it is rude; his films are not simplistic, they are simple, and it is this simplicity I most admire".
Quella di badguy è un'esperienza traumatica, questa volta ripetuta proprio sotto lo schermo, ad un palmo dal primo piano di Han-gi. Trauma ingigantito, l'amore vissuto nel riflesso di un vetro.
Han-gi a differenza dei suoi subalterni è ben consapevole di non poter avere una storia d'amore borghese con Sun-hwa. Rinchiudendola in un bordello ne distrugge la vita, proietta il suo dolore aldilà del vetro, una disperazione che Sun-hwa dovrà vivere per comprendere Han-gi e poter finalmente sfondare lo specchio, trovare quella compresenza e intimità che era stata possibile solo nel sovrapporsi degli sguardi sulla superfice del vetro.
L'amore è straziante nel trovare una sua identità, si soffre tremendamente nel ricercare una mediazione fra i due sguardi e il mondo, un percorso dove bisogna farsi carico del dolore dell'altro per trovare una via comune.
Accettare incodizionatamente tutto dell'amato/a è l'unico modo per trovare una forma pratica all'amore, ed è un percorso che, come sempre in KKD, non sembra portare alla felicità, nè è qui presentato come un'amore salvifico o redentore... è imho il raggiungimento di una condizione di stabilità, di una pace interiore fuori dalle costrizioni del mondo esterno.
Vivere una fotoricordo che non è mai stata scattata.
Le puttane che mettono i fiori a prendere la pioggia, la sigaretta fumata dal vetro, Sun-hwa che si infila la parrucca rosa, le acque sporche di un fiume... e mille (altre) immagini.
Geniale il traduttore del sottotitolo che non si è fatto scrupoli a ribattezzare il film "un tipaccio", davvero lol.
I compagni di merende Kekkoz e Andrea.