
Per quel che ho visto Jackie è l'unico eroe del cinema di Kung fu classico che sancisce la propria superiorità marziale nella passività. Jackie non combatte....le prende con stile; solo l'ultimo combattimento lo vede vincitore, ma grazie all'effetto degli oppiacei....come con l'alcool di Drunken Master.
Combatte in modo evasivo, appoggiandosi al corpo dell'avversario, modulando la sua struttura sull'attacco del nemico, in modo da creare un'equilibrio fra sè, il colpo, l'avversario, la scenografia e il quadro.
La scenografia si trova ad assumere importanza centrale perchè regia e coreografie esaltano Jackie che combatte attraverso, con, sopra il set: difendendosi con le strutture e colpendo con ciò che ha sotto mano. Fingendo di piegarsi al mondo, se ne fa beffa rivoltandolo a piacimento.
La coreografia si mostra quindi come una serie di rotture e riconfigurazioni di un precario (istantaneo) equilibrio visivo e fisico: dove il folletto malefico limita i danni per sferrare il colpo d'opportunità non appena se ne presenti l'occasione.
Anche la narrazione è all'insegna della conciliazione; si combatte per ritornare alla situazione iniziale: odio e vendetta (e melodramma) sono praticamente assenti dal film.
Come ogni buon artista marziale passato dall'altra parte della cinecamera, sa che i combattimenti saranno tanto più potenti quanto più ne sarà rispettata l'integrità... Piani sequenza e mazzate in continuità per darci tutto il meglio della performanza...
L'accellerato e qualche altro formalismo risultano piuttosto fastidiosi al giorno d'oggi..
La sequenza iniziale con il duello fra dragoni (estetizzata al top) e il lunghissimo combattimento finale (tenuto su registro realista) lasciano di stucco. Il primo per la coreografia e la resa visiva, il secondo per la qualità del kung fu; veramente fra le cose migliori viste nel genere.