venerdì, settembre 19, 2008
I Dardenne riescono a non farti accorgere che chi stai guardando è un attore, o che comunque è qualcuno che sta recitando.
I costumi e le scenografie, malgrado siano
normali sono scelti in maniera minuziosissima, ti parlano dei personaggi forse ancor di più di loro stessi, e la grandezza dei Dardenne sta proprio nell'essere delicati, di mettere in evidenza queste cose senza prendere a schiaffi lo spettatore, senza annioarlo o infastidirlo con "il significato", ma riuscendo ad arrivare al massimo dell'espressione partendo da una base grettamente realista.
E quindi già senza che ce ne rendiamo conto ci arrivano informazioni disparate, e non bisogna star lì tanto a pensarci su, esempio: se hai guardato almeno una volta un tossico in astinenza davanti ad una qualsiasi stazione ti accorgi subito che il tizio lì è in astinenza, eppure i Dardenne non ti hanno fatto vedere niente, solo un tizio che fuma con una maglietta marroncina, non sapevo nulla del film eppure appena ho visto quel tizio fumare con quella maglietta marroncina ho pensato "questo è un tossico, lol".
Quindi è proprio visimamente che i Dardenne sono bravi ad ingannarci, ci fanno credere che sia tutto semplice, che il loro intervento sia bassomimetico e che cerchino di riprendere la realtà così com'è; è una falsità. Il loro realismo è decisamente troppo espressionista per essere definito tale, non c'è niente che non significhi, che sia lì per caso, non c'è un briciolo di realtà, ma sono bravissimi a farti credere che tutto quello che vedi sia potuto succedere ad un tizio qualsiasi.
Gli attori non recitano secondo una scuola, non sembrano dei teatranti, non sono gente della strada, anche se si arrabbiano molto riescono a non farlo mai in modo cinematografico, sembra essere più un lavoro maniacale di osservazione e ricostruzione, di gesti e di sguardi catturati e riproposti, con un significato in mezzo.
E quindi ingannati dalla messa in scena e da questo strepitoso lavoro sugli attori troviamo una rinnovata credulonità,
sentiamo veri i personaggi gli attori ci sembrano persone reali e i loro problemi tangibili, condivisibli, aiutati non poco dal fatto che i Dardenne sospendono il giudizio sulle loro creature, o meglio, cosa di spessore più elevato, insinuano in noi un dubbio morale.
Ma non è tutto così bello, già, perchè a metà visione mi sono accorto del trucco e allora ogni passaggio, ogni nucleo narrativo mi è sembrato talmente canonico (all'interno del loro cinema) da non differire qualitativamente (in senso aristotelico) dai canoni narrativi del cinema commerciale.
Comunque sia rimane un film veramente solluccheroso da osservare minuziosamente.
domenica, settembre 07, 2008
Anche se non ve ne siete accorti pure quest'anno ero a Venezia alla mostra del cinema e un po' perchè non avevo voglia, un po' perché ero impegnato a bere alcolici gratis nei posti vip (sono entrando dicendo che ero Johnnie Murda) ma sopratutto perchè ancora non ho un portatile non ho scritto di nessun film, che comunque ne ho visti pochi.
Guarderò adesso di recuperare brevemente.
Ponyo on the Cliff by the Sea: Si effettivamente è molto bello e buono e commovente, c'è solo che la soluzione adottata nel finale per risolvere il film mi è parsa un po' troppo dialogata ed esplicizzata, è vero che è a tutti gli effetti un film per bimbi, ma una soluzione un po' più delicata ci sarebbe garbata di più. Davvero splendidi i colori e i disegni un po' naif.
$e11.0u7!: Qualsiasi cosa fosse non potevo perdermi un film con il titolo scritto in
l33t ed è stata una piacevole sopresa, commedia musicale dal tocco surreale dove tra critiche al mondo del reality (critiche un po' old a dirla tutta) e frustrazione sul posto di lavoro viene fuori un inaspettato gusto realista nel mettere in scena la gente comune: i poveri, sia rappresentati sia della strada. Divertente e leggerino.
Vegas: Based on a True Story: Sicuramente è il film che più mi ha sconvolto in questa mostra (tra i non troppi che ho visto), un senso di oppressione fisica e perturbamento interiore che ci invade nonostante sullo schermo vediamo solo una famiglia che scava nel proprio giardino; in realtà vediamo l'autodistruzione di quel poco di buono che si ha per la rincorsa all'oro, e già qui il perchè del perturbamento ci appare più chiaro, ma praticamente c'è solo una famiglia che scava nel proprio giardino di casa. Devo recuperare altro ASAP di Amir Naderi, mi han detto che altri suoi film sono pure più traumatici e fisicamente difficili di questo.
Il Posto: Ermanno Olmi al suo primo lungometraggio sembra già un regista maturo con anni di esperienza alle spalle. Il film è bellissimo e ci mette davanti agli occhi tutta la vacuità spirituale del posto di lavoro e della difficoltà nel portare avanti rapporti umani dignitosi, ma su tutto spicca la sequenza della festa dell'ultimo dell'anno, è talmente bella che è 6 giorni che ci sto pensando e ancora non mi so spiegare il perché: magical magic.
Teza: Anche se non sono riuscito ad amarlo particolarmente per motivi ideologici (è un film che non crede nella rivoluzione) ed alcune scelte di regia (imho si insiste troppo sul protagonista che riflette meditativo e sconsolato sul tramonto/alba). Bisogna però dire che ha uno stile molto efficace e che si discosta dal festivalierismo che si è visto molto in questa ediizone; in più il dramma liricamente espresso di un intero paese (l'Etiopia) commuove senza sdolcinature. Ottimi gli interpreti.
E venne un uomo: Il film di Ermanno Olmi sulla vita prepontificato di Giuseppe Roncalli (Giovanni XXIII) è davvero un film sfizioso e a suo modo divertente, la vita del chierico è narrata da Rob Steiger fin dalla sua infanzia in modo da far emergere le fatiche e le incertezze dell'uomo di fronte ai problemi e gli abbrutimenti del tempo di guerra, ma sempre come oggetto della sua sofferenza le tribolazioni dei figli di Dio. La cosa strana è che malgrado tutto non si diventa mai agiografici, si rimane pur nella lode ad un livello terreno.
The Sky Crawlers: A distanza quello che mi sembrava semplicemente un bellissimo film sta crescendo sempre di più per diventare quello che probabilmente è uno dei film più complessi e ponderati del maestro giapponese che rinuncia quasi in toto ad ogni tipo di spettacolarizzazione e rifila alle battaglie aeree (che sono qualcosa di veramente unico ed impressionante) giusto lo spazio necessario a mostrare l'abilità e l'animo dei piloti e a mostrarci la macchina celibe della guerra. Mecha design di livello superiore, character design (con i kildren che sembrano uova, informi nel senso che ancora sono in divenire ma apppunto non potranno mai essere qualcosa) semplicemente perfetto, battaglie che superano (pur essendoci per poco tempo) in sbigottimento quelle della seconda trilogia di Star Wars e Kenji Kawai al suo meglio. Cosa volere di più?
Lunga vita alla signora!: Ad una cena dell'alta aristocrazia vengono chiamati a servire ai tavoli dei ragazzini della scuola alberghiera, fra questi Libenzio, che spaventato dalla corruzione e dalla falsità di quell'ambiente fuggirà rincorso da un cane buono. Credo che sia il film più cattolico che ho mai visto: pur Olmi facendosi beffe e criticando l'ambiente che mette in scena, stando ovviamente dalla parte della servitù non mette mai in discussione lo stato delle cose, ma ci mette davanti agli occhi la corruzione morale e la falsità di un ambiente di fronte all'ingenuità e alla schiettezza dell'altro. Malgrado ci siano diverse cose interessanti, e un senso dell'umorismo molto sottile, non ho amato certe scelte di regia.
Hurt Locker: Per quanto mi riguarda è un film indecente, e seppure sia effettivamente girato bene per quanto riguarda la fabbricazione di suspance riesce a essere pure noioso visto che c'è un idea in tutto il film, e questa viene ripetuta e rivista in mille modi diversi, ma in fin dei conti per tutto il film c'è un artificiere con la tutina che si avvicina alle bombe e le disinnesca. non c'è altro per tutto il film, anzi, c'è una sequenza (l'unica che mi sia piaciuta) dove due cecchini si sparano da un kilometro di distanza, il resto è tutto un mostrare quanto siano bravi, belli e in pericolo i militari americani in Iraq, non un momento di riflessione o di autocritica, per il resto anche molta noia. Un film indecente a mio parere, ma in molti non l'hanno pensata come me.
Yuppi Du: Pensavo di non averlo visto e in realtà mi sono reso conto che lo avevo fatto già un paio di volte. Adriano Celentano al cinema mi è sempre piaciuto, qui dimostra (se non di avere un ragionamento fine e sottile) una grande inventiva e un gusto ritmico per il montaggio (che sebbene non sempre risulti essere piacevole almeno è frizzante) che lasciano perdonare le ingenuità ideologiche (e anche un po' quelle di regia) del film.
The Wrestler: Aronofsky fa un film lineare! Un film dove non si va avanti e indietro a singhiozzi, un film dove la drammatizzazione viene portata avanti dalla storia che si racconta più che dall'accostamento di squenze forti (se riescono). Evidentemente il superflop di The Fountain gli ha fatto bene, e pure se la sceneggiatura è un fritto misto di stereotipi e luoghi comuni la materia è talmente trascinante e il suo attore talmente convincente (forse perchè recita se stesso) che non può non commuovere e far sognare di spaccare qualche seggiola sulla schiena di qualcuno. Poi è un film che fa emergere il carattere del personaggio proprio dalle piccole cose, dai vestiti che sceglierebbe per la figlia, dai videogiochi che possiede, dal modo di stare sul posto di lavoro.
Nuit de chien: Malgrado in sala si sentiva il disappunto generale e anche qualche risata a scena aperta (non di quelle risate a scena aperta da film comico, bensì quelle risate a scena aperta da fail) alle quali io stesso ho partecipato, il film è riuscito a catturare il mio interesse. Ma questo film fatto di atmosfere sospese e cupe, certo non originalissime, in questo presente alternativo dove le varie forze armate dello stato si combattono fra di loro e un civile ex partigiano cerca disperatamente la sua amata fra bordelli decadentisti e colonnelli disperati immersi in una fotografia leccatissima è riuscito comunque, se non proprio ad emozionare, a interessarmi sia per la stranezza della composizione sia per quanto riguarda le logiche del conflitto rappresentato.
Con questo è tutto da Venezia, avevo visto anche Kung Fu Panda (non al Lido) e devo dire che mi è piaciuto, i combattimenti sono molto più belli del film di Kung Fu medio di oggigiorno (perchè sono molto classici e hanno skillz) e malgrado quanto mi potessi aspettare e
quanto ne pensi Rob non è un saccheggiare bassamente dal patrimonio di riferimento, ma una rivisitazione leggera, che prende a piene mani senza sentirne il fardello o farsene beffa, che rende appetibile per il grande pubblico delle forme ormai passate di moda da almeno 30 anni. Purtroppo però si insiste troppo sull'inizio della storia, che è un po' lenta e poco divertente, e si liquida con un
montage alla Southpark la sequenza di allenamento, dando anche pochissimio spazio ai cinque stili imitativi.