Due droidi vogliono diventare umani, non ci possono riuscire, così sono tristi e vogliono autodistruggersi.
Si potrebbe pensare che un film girato da due musicisti in declino (francesi per altro) sia necessariamente altezzoso e inutile. Se ci aggiungiamo che il film non è parlato, ma la musica fa da cassa di risonanza ai personaggi (la musica non è dei Daft Punk), il pericolo di assistere ad una pippa mentale era alto, ma con sorpresa ci siamo trovati di fronte a qualcosa di altamente suggestivo e di difficile definizione.
Non è propriamente un film narrativo, perchè una narrazione c'è, è esplicita ed è pure forte, ma ridotta all'osso, priva di qualasiasi forma di stereotipo o di clichè, priva di qualsiasi colpo di scena o convenzione, inoltre tutto è talmente esplificato che sembra privo di un intreccio ; non siamo sul terreno della sinfonia visiva, perchè l'uso delle musiche è al contempo troppo semantico e poco diffuso e il susseguirsi delle immagini è lineare, causale, il montaggio (pur nella sua forza) è invisibile. Fortunatamente si strizza l'occhio solo saltuariamente alla videoarte.
Forse la definizione migliore, anche se un po' banale (forse) è quella di un racconto per immagini, visto che è proprio la componente narrativa (pur nella sua semplicità e linearità) ad essere quella che più viene interessata dallo scorrere dei quadri e dagli attanti, fa quasi strano vedere una così forte padronanza cinematografica in due musicisti, che lasciano alle musiche e al montaggio il compito oneroso del ritmo (e i daft punk da bravi musicisti con il ritmo ci sanno fare), ma la forza sta tutta nelle immagini.
Ridondanza e ripetizione (sia dei punti di vista della mdp che a livello diegetico) fondano lo stile del campionatore --uberpostmoderno-- in azione, l'umanizzazione impossibile del circuito stampato, che acquista l'umanità solo quando capisce che non la può raggiungere e la conferma con l'azione che per definizione una macchina (di sua spontanea volontà) non può fare, autodistruggersi.
E poi di questo film ho amato (a parte il fatto che mi sono emozionato tantissimo e ho empatizzato coi due robot) tutto il suo surrealismo, c'è tanto di Lynch, ma di quello buono, l'inquietudine dei rabbits e la normalità strana di velluto blu.
Viaggiano in macchina nel deserto, si fanno spalmare della plastica gommosa in faccia per far finta di essere umani, gli si sfalda la faccia, gli altri robot li guardano male, fuggono a piedi nel deserto, camminano in modo bellissimo e a passo sicuro, c'è anche il primo piano di una fica pelosa e sui titoli di coda c'è un uomo/macchina torcia umana/macchina che cammina.