Spike Lee, qui al suo primo lungometraggio, si dimostra da subito autore capace e dallo stile assolutamente personale; entra dentro le relazioni, smonta i vari pezzi e li espone in bella vista davanti la macchina da presa.
I personaggi vanno a interpellare direttamente lo spettatore, parlando di se e di Nola e (tradotto in italiano Lola ....tzè) dei vari modi di vedere il rapporto che lega i quattro bizzarri personaggi. Non c'è un utilizzo destrutturante dello sguardo in macchina (Godard), ma IMHO è il risultato di un approccio neroamericano al mezzo cinema, perchè in fondo questo film non descrive solamente le relazioni amorose, la questione femminile (hihihih non posso fare a meno di usarlo questo termine... chi ha visto Berlinguer ti voglio bene capirà perchè) ... da quelli si parte, ma mi sembra che ci sia la volontà di stabilire un legame stretto con lo spettatore, e non nel seplice contatto visivo dello sguardo in macchina, ma la ricerca (attraverso uno stile umano e diretto proprio degli afroamericani) di un contatto con la propria gente, un invito alla coesione della comunità dei neri.
In questo modo la lotta fra i tre ragazzi (che sono tre tipi di nero) diventa inseparabile dalle immagini del prologo (foto di gente di quartiere) ... Spike Lee ci vuole forse dire che fino a quando i neri saranno divisi saranno sempre costretti all'emarginazione?....lo continuerà a dire...
E' poi piacevole osservare come delle marche stilistiche dal taglio giovanile (alcuni secondi di loop) siano state mantenute nel corso degli anni... perdendo qualsiasi connotazione adolescenziale o informale, ma continuano a dare quel tocco sporco, quella vibrazione gracchiante.... una pennellata di blues.