Certamente Ip Man è un grande film di arti marziali, un film dove i grandi nomi lavorano tutti in sintonia per una riuscita maestosa: dalla regia dallo stile decisamente classico di Wilson Yip, che è capace di integrare cavi e digitale (per fortuna leggerissimo e teso più a cancellare il trucco più che ha creare stupore) in modo eccelso (sicuramente il più elegante nei film di arti marziali di oggigiorno) alle coreografie di Samo Hung che tornano finalmente a far cantare i pugni, che tornano a parlarci dei personaggi e delle loro passioni semplicemente nel loro darsi a vedere; i combattimenti al principio sono puro esercizio culturale, l'ozio latino e il prestigio intellettuale, i combattinenti diventano poi l'impotenza, la rabbia, la lotta e la vittoria. E' un'opera magnifica, e le coreografie di quel ciccione sono ancora belle fresche e spiritose, Samo Hung è uno dei pochi che è sempre riuscito ad essere simpatico
mentre combatte (su Jackie Chan non sono affatto sicuro).
Poi c'è Donnie Yen, che di certo simpatico non è, e nemmeno bravo a recitare, ma sa combattere, e malgrado le sue limitazioni attoriali riesce a rendere piuttosto credibile il suo personaggio e le poche battute significative che deve dire (
io non insegno ai giapponesi, io sono un cinese, hai invaso il mio paese,
hai ucciso la mia gente... riprendi i tuoi insulti (al generale giapponese che gli offriva del cibo la sera prima del loro duello) sono sempre dette con orgoglio. E poi è forse uno dei pochi ormai che crede ancora in un certo cinema di arti marziali, che non sia solo puramente di intrattenimento (di grande intrattenimento) ma che riesca anche a divulgare qualcosa, per esempio io non sapevo chi fosse Ip Man prima di sapere della produzione di questo film (a proposito, sembra che pure Wong Kar Wai stia realizzando un biopic sul grande maestro di Wing Chung con protagonista Tony Leung Chiu-wai e dal titolo
Grand Master Ip Man).
Ma apparte tutto questo Ip man è anche un bel film emozionante. La cosa buffa però è che Ip Man si erge si a paladino della cinesità ma non rende partecipe il popolo delle skillz nelle arti marziali. Mi spiego meglio: Ip Man è capace di sconfiggere il Giappone e le sue arti marziali senza morale da solo, ed è pure in grado di insegnare agli operai di una fabbrica come difendersi da dei banditi con poche lezioni, ma non permette poi a questi operai di rivoltarsi contro gli occupanti giapponesi, si fa catturare piuttosto che far scoppiare una rivolta. Solo infatti quando Ip Man sarà colpito dal piombo (avendo pwnato il giappo sul ring) allora il popolo si ribella e lo porta in salvo, ma il film subito va in dissolvenza a nero e non sappiamo cosa veramente succede. E' di un reazionario-statalista da far paura, ma è decisamente un gran bel film.
mercoledì, novembre 26, 2008
Quello che inizia a piacermi del cinema di Uwe Boll è il suo rimanere sempre in superficie, all'apparenza delle cose, fregandonese bellamente di ogni possibile (e in contesti normali auspicabile) introspezione psicologica, ma anche di una qualsiasi parvenza di spiegazione (in primopiano o sottotesto) o di
logos.
Tutti quanti diranno che i film li fa così perchè è un idiota, e probabilmente hanno anche ragione, ma è innegabile tutta la sua passione nel fare un qualcosa (i film) contro la critica e gli altri registi, ma anche contro il pubblico, che lo denigra e lo biasima (fors'anche più della critica e degli altri registi, che preferiscono ignorarlo) costantemente, ormai più per partito preso chè per reali demeriti del regista tedesco.
E allora possiamo dire che questo Seed è un divertente e (a seconda delle skillz del vostro stomaco) pure disturbante
Torture Porn che mette in scena un serial killer grassoccio, con una maschera e psico, dei poliziotti che provano a fargli la festa e lui che si vendica di uno a uno dopo che la sedia elettrica ha fatto cilecca tre volte di fila (e quindi si suppone secondo una legge che non esiste ma che il nostro regista mette in testa al film). A livello narrativo e drammatico c'è davvero pochino di interessante, ma per fortuna a livello visivo le cose si fanno alquanto positive.
Mentre lo guardavo mi stavo convincendo del fatto che fosse stato girato alla velocità della luce, seppur la macchina traballante e intere sequenze con la macchina a spalla siano in qualche modo contestuali ai fatti narrati, quando vedi che invece di fare un taglio si preferisce far muovere a destra e a manca l'operatore vuol dire che si vuole fare presto; ho avuto un certo piacere nello scoprire che
la produzione procedeva a ritmi impressionanti.
Visivamente abbiamo quindi un serial killer con un cencio sporco in testa che avanza nell'oscurità fra tappezzerie retrò (il film è ambientato negli anni settanta, ma con le vhs in tutte le case) e quadri riassestanti, dove non c'è nulla da vedere se non la cronistoria di un serial killer messo su la sedia elettrica e della sua vendetta verso i suoi aguzzini, non c'è spazio (nelle immagini) per nessun tipo di moralismo, ripensamento, titubanza sui personaggi, è un gioco al massacro che si preoccupa di tenere interessati gli spettatori tanto quel basta per farli rimanere davanti allo schermo, certi che il massacro (dovrebbero essere veri quei massacri, sono video della
PETA) degli animali visto in testa al film getti sul resto delle violenze un'ombra di verosimiglianza che ci faccia empatizzare di più con le vittime di fiction (ma questo è rimesso alla vostra sensibilità).
Su tutto il film poi c'è una scena che meritebbe un leone d'oro a Uwe Boll alla carriera, sto parlando di quando il nostro serial killer inizia a tirare delle martellate (prima piano, poi sempre più decise, fino a mimare quasi una partita di tennis) in faccia ad una sconosciuta (nel senso che mi sembrava fosse la prima volta che appariva nel film), totalmente sensa nesso narrativo con il resto del film (se non quello di mostrarci ulteriormente la brutalità del serial kller, ma di cui ci eravamo già assicurati in precedenza): una ripresa in continuità di alcuni minuti dove l'unica cosa che si concede Uwe Boll è un deciso vibrato dell'immagine all'impatto delle martellate più dure.
Bene, quel breve ma deciso vibrato dell'immagine (in un film dove l'uso del mezzo in modo significante è veramente basso) è tutta la partecipazione emotiva di Uwe Boll con il proprio serial killer, Uwe Boll è Seed.
Ora, se avete avuto la pazienza di seguirmi in questi miei discorsi possiamo arrivare ad affrontare quello che per me è la natura del film: tenendo presente che Uwe Boll è un tizio sanguigno, a cui piace fare a botte con quelli che gli dicono che fa film brutti, direi che questo Seed è stata la sua vendetta privata, sentita necessaria e quindi girata anche in ristrettezze di tempi (e probabilmente anche di soldi) noncurandosi degli spettatori, i quali più che aggrediti vengono ignorati, ci se ne cura giusto il minimo per costringerli a non interrompere la visione, ma li si massacra lì dove gli altri torture porn (e sto pensando agli hostel e agli enigmisti che ho visto) indulgevano: non si spiega, non si finisce, non si risolve un bel niente, tutto è li a vedersi nel suo schifo, dall'inizio della reclusione fino alla decomposizione coi vermi, poi non c'è nessuno che liberi, nessuno che spieghi, nessuno che ci assicuri che quello che abbiamo visto non potrà mai capitare a noi, e non perchè Uwe Boll avesse avuto voglia di giocare con il genere o perchè non abbia avuto l'accortezza di creare un prodotto più commerciabile, semplicemente non gli interessava. Il suo obbiettivo era una vendetta contro di loro, contro il pubblico, contro i critici: li ha iniziati a torturare, poi se ne è andato lasciandoli a morire dissanguati senza nessuno che venga a dare il colpo di grazia, senza nessuno che venga a salvarli, quando conclude la sua vendetta contro il pubblico di giovanissimi (che lo denigrano ma poi guardano i suoi film) e contro il pubblico più sgamato (che lo snobbano perchè fa film brutti) lui non si preoccupa di finire il film, perchè si conclude in sè, nel momento che il serial killer finisce la sua vendetta si compie anche quella di Uwe Boll verso i suoi detrattori, la violenza è liberatoria, non c'è bisogno di annoiarsi con qualasiasi cosa che sarebbe stata ormai un perdipiù. E la stessa vendetta è contro ovviamente anche i critici, ai quali lascia infinito spazio per l'invettiva e larghe crepe sulle quali arrampicarsi, ma i quali, accecati dalle crepe e dal sudiciume dei muri non riusciranno mai a vedere la reale grandezza dell'unico fottuto genio in questo cazzo di business.
mercoledì, ottobre 08, 2008
Sono arrivate online sull'interwebz le prime immagini ufficiali di The Iron Pagoda 2
lurk moar
venerdì, settembre 19, 2008
I Dardenne riescono a non farti accorgere che chi stai guardando è un attore, o che comunque è qualcuno che sta recitando.
I costumi e le scenografie, malgrado siano
normali sono scelti in maniera minuziosissima, ti parlano dei personaggi forse ancor di più di loro stessi, e la grandezza dei Dardenne sta proprio nell'essere delicati, di mettere in evidenza queste cose senza prendere a schiaffi lo spettatore, senza annioarlo o infastidirlo con "il significato", ma riuscendo ad arrivare al massimo dell'espressione partendo da una base grettamente realista.
E quindi già senza che ce ne rendiamo conto ci arrivano informazioni disparate, e non bisogna star lì tanto a pensarci su, esempio: se hai guardato almeno una volta un tossico in astinenza davanti ad una qualsiasi stazione ti accorgi subito che il tizio lì è in astinenza, eppure i Dardenne non ti hanno fatto vedere niente, solo un tizio che fuma con una maglietta marroncina, non sapevo nulla del film eppure appena ho visto quel tizio fumare con quella maglietta marroncina ho pensato "questo è un tossico, lol".
Quindi è proprio visimamente che i Dardenne sono bravi ad ingannarci, ci fanno credere che sia tutto semplice, che il loro intervento sia bassomimetico e che cerchino di riprendere la realtà così com'è; è una falsità. Il loro realismo è decisamente troppo espressionista per essere definito tale, non c'è niente che non significhi, che sia lì per caso, non c'è un briciolo di realtà, ma sono bravissimi a farti credere che tutto quello che vedi sia potuto succedere ad un tizio qualsiasi.
Gli attori non recitano secondo una scuola, non sembrano dei teatranti, non sono gente della strada, anche se si arrabbiano molto riescono a non farlo mai in modo cinematografico, sembra essere più un lavoro maniacale di osservazione e ricostruzione, di gesti e di sguardi catturati e riproposti, con un significato in mezzo.
E quindi ingannati dalla messa in scena e da questo strepitoso lavoro sugli attori troviamo una rinnovata credulonità,
sentiamo veri i personaggi gli attori ci sembrano persone reali e i loro problemi tangibili, condivisibli, aiutati non poco dal fatto che i Dardenne sospendono il giudizio sulle loro creature, o meglio, cosa di spessore più elevato, insinuano in noi un dubbio morale.
Ma non è tutto così bello, già, perchè a metà visione mi sono accorto del trucco e allora ogni passaggio, ogni nucleo narrativo mi è sembrato talmente canonico (all'interno del loro cinema) da non differire qualitativamente (in senso aristotelico) dai canoni narrativi del cinema commerciale.
Comunque sia rimane un film veramente solluccheroso da osservare minuziosamente.
domenica, settembre 07, 2008
Anche se non ve ne siete accorti pure quest'anno ero a Venezia alla mostra del cinema e un po' perchè non avevo voglia, un po' perché ero impegnato a bere alcolici gratis nei posti vip (sono entrando dicendo che ero Johnnie Murda) ma sopratutto perchè ancora non ho un portatile non ho scritto di nessun film, che comunque ne ho visti pochi.
Guarderò adesso di recuperare brevemente.
Ponyo on the Cliff by the Sea: Si effettivamente è molto bello e buono e commovente, c'è solo che la soluzione adottata nel finale per risolvere il film mi è parsa un po' troppo dialogata ed esplicizzata, è vero che è a tutti gli effetti un film per bimbi, ma una soluzione un po' più delicata ci sarebbe garbata di più. Davvero splendidi i colori e i disegni un po' naif.
$e11.0u7!: Qualsiasi cosa fosse non potevo perdermi un film con il titolo scritto in
l33t ed è stata una piacevole sopresa, commedia musicale dal tocco surreale dove tra critiche al mondo del reality (critiche un po' old a dirla tutta) e frustrazione sul posto di lavoro viene fuori un inaspettato gusto realista nel mettere in scena la gente comune: i poveri, sia rappresentati sia della strada. Divertente e leggerino.
Vegas: Based on a True Story: Sicuramente è il film che più mi ha sconvolto in questa mostra (tra i non troppi che ho visto), un senso di oppressione fisica e perturbamento interiore che ci invade nonostante sullo schermo vediamo solo una famiglia che scava nel proprio giardino; in realtà vediamo l'autodistruzione di quel poco di buono che si ha per la rincorsa all'oro, e già qui il perchè del perturbamento ci appare più chiaro, ma praticamente c'è solo una famiglia che scava nel proprio giardino di casa. Devo recuperare altro ASAP di Amir Naderi, mi han detto che altri suoi film sono pure più traumatici e fisicamente difficili di questo.
Il Posto: Ermanno Olmi al suo primo lungometraggio sembra già un regista maturo con anni di esperienza alle spalle. Il film è bellissimo e ci mette davanti agli occhi tutta la vacuità spirituale del posto di lavoro e della difficoltà nel portare avanti rapporti umani dignitosi, ma su tutto spicca la sequenza della festa dell'ultimo dell'anno, è talmente bella che è 6 giorni che ci sto pensando e ancora non mi so spiegare il perché: magical magic.
Teza: Anche se non sono riuscito ad amarlo particolarmente per motivi ideologici (è un film che non crede nella rivoluzione) ed alcune scelte di regia (imho si insiste troppo sul protagonista che riflette meditativo e sconsolato sul tramonto/alba). Bisogna però dire che ha uno stile molto efficace e che si discosta dal festivalierismo che si è visto molto in questa ediizone; in più il dramma liricamente espresso di un intero paese (l'Etiopia) commuove senza sdolcinature. Ottimi gli interpreti.
E venne un uomo: Il film di Ermanno Olmi sulla vita prepontificato di Giuseppe Roncalli (Giovanni XXIII) è davvero un film sfizioso e a suo modo divertente, la vita del chierico è narrata da Rob Steiger fin dalla sua infanzia in modo da far emergere le fatiche e le incertezze dell'uomo di fronte ai problemi e gli abbrutimenti del tempo di guerra, ma sempre come oggetto della sua sofferenza le tribolazioni dei figli di Dio. La cosa strana è che malgrado tutto non si diventa mai agiografici, si rimane pur nella lode ad un livello terreno.
The Sky Crawlers: A distanza quello che mi sembrava semplicemente un bellissimo film sta crescendo sempre di più per diventare quello che probabilmente è uno dei film più complessi e ponderati del maestro giapponese che rinuncia quasi in toto ad ogni tipo di spettacolarizzazione e rifila alle battaglie aeree (che sono qualcosa di veramente unico ed impressionante) giusto lo spazio necessario a mostrare l'abilità e l'animo dei piloti e a mostrarci la macchina celibe della guerra. Mecha design di livello superiore, character design (con i kildren che sembrano uova, informi nel senso che ancora sono in divenire ma apppunto non potranno mai essere qualcosa) semplicemente perfetto, battaglie che superano (pur essendoci per poco tempo) in sbigottimento quelle della seconda trilogia di Star Wars e Kenji Kawai al suo meglio. Cosa volere di più?
Lunga vita alla signora!: Ad una cena dell'alta aristocrazia vengono chiamati a servire ai tavoli dei ragazzini della scuola alberghiera, fra questi Libenzio, che spaventato dalla corruzione e dalla falsità di quell'ambiente fuggirà rincorso da un cane buono. Credo che sia il film più cattolico che ho mai visto: pur Olmi facendosi beffe e criticando l'ambiente che mette in scena, stando ovviamente dalla parte della servitù non mette mai in discussione lo stato delle cose, ma ci mette davanti agli occhi la corruzione morale e la falsità di un ambiente di fronte all'ingenuità e alla schiettezza dell'altro. Malgrado ci siano diverse cose interessanti, e un senso dell'umorismo molto sottile, non ho amato certe scelte di regia.
Hurt Locker: Per quanto mi riguarda è un film indecente, e seppure sia effettivamente girato bene per quanto riguarda la fabbricazione di suspance riesce a essere pure noioso visto che c'è un idea in tutto il film, e questa viene ripetuta e rivista in mille modi diversi, ma in fin dei conti per tutto il film c'è un artificiere con la tutina che si avvicina alle bombe e le disinnesca. non c'è altro per tutto il film, anzi, c'è una sequenza (l'unica che mi sia piaciuta) dove due cecchini si sparano da un kilometro di distanza, il resto è tutto un mostrare quanto siano bravi, belli e in pericolo i militari americani in Iraq, non un momento di riflessione o di autocritica, per il resto anche molta noia. Un film indecente a mio parere, ma in molti non l'hanno pensata come me.
Yuppi Du: Pensavo di non averlo visto e in realtà mi sono reso conto che lo avevo fatto già un paio di volte. Adriano Celentano al cinema mi è sempre piaciuto, qui dimostra (se non di avere un ragionamento fine e sottile) una grande inventiva e un gusto ritmico per il montaggio (che sebbene non sempre risulti essere piacevole almeno è frizzante) che lasciano perdonare le ingenuità ideologiche (e anche un po' quelle di regia) del film.
The Wrestler: Aronofsky fa un film lineare! Un film dove non si va avanti e indietro a singhiozzi, un film dove la drammatizzazione viene portata avanti dalla storia che si racconta più che dall'accostamento di squenze forti (se riescono). Evidentemente il superflop di The Fountain gli ha fatto bene, e pure se la sceneggiatura è un fritto misto di stereotipi e luoghi comuni la materia è talmente trascinante e il suo attore talmente convincente (forse perchè recita se stesso) che non può non commuovere e far sognare di spaccare qualche seggiola sulla schiena di qualcuno. Poi è un film che fa emergere il carattere del personaggio proprio dalle piccole cose, dai vestiti che sceglierebbe per la figlia, dai videogiochi che possiede, dal modo di stare sul posto di lavoro.
Nuit de chien: Malgrado in sala si sentiva il disappunto generale e anche qualche risata a scena aperta (non di quelle risate a scena aperta da film comico, bensì quelle risate a scena aperta da fail) alle quali io stesso ho partecipato, il film è riuscito a catturare il mio interesse. Ma questo film fatto di atmosfere sospese e cupe, certo non originalissime, in questo presente alternativo dove le varie forze armate dello stato si combattono fra di loro e un civile ex partigiano cerca disperatamente la sua amata fra bordelli decadentisti e colonnelli disperati immersi in una fotografia leccatissima è riuscito comunque, se non proprio ad emozionare, a interessarmi sia per la stranezza della composizione sia per quanto riguarda le logiche del conflitto rappresentato.
Con questo è tutto da Venezia, avevo visto anche Kung Fu Panda (non al Lido) e devo dire che mi è piaciuto, i combattimenti sono molto più belli del film di Kung Fu medio di oggigiorno (perchè sono molto classici e hanno skillz) e malgrado quanto mi potessi aspettare e
quanto ne pensi Rob non è un saccheggiare bassamente dal patrimonio di riferimento, ma una rivisitazione leggera, che prende a piene mani senza sentirne il fardello o farsene beffa, che rende appetibile per il grande pubblico delle forme ormai passate di moda da almeno 30 anni. Purtroppo però si insiste troppo sull'inizio della storia, che è un po' lenta e poco divertente, e si liquida con un
montage alla Southpark la sequenza di allenamento, dando anche pochissimio spazio ai cinque stili imitativi.
mercoledì, agosto 20, 2008
Succedono cose interessanti, magari senza senso, però interessanti.
E' con un po' di sorpresa che mi sono ritrovato ad apprezzare questo Southern Tales, dopo che Donnie Darko mi era sembrato eccessivamente giovanile e non che questo non lo sia, ma mi è sembrato più ricco e complicato dal punto di vista narrativo, e finalmente un po' più personale dal punto di vista visivo, staccandosi da quel lynchismo che lo affliggeva nel suo primo lungometraggio.
Qui troviamo una realtà prossima dove le tendenze fasciste della nostra società si sono finalmente rivelate e dove lotta marxista, tecnologie futuribili e passi dell'apocalisse vengono frullati insieme alla rinfusa senza sapere bene dove si sta andando, facendo perdere l'orientamento allo spettatore che così imbambolato, dubbioso sulla nontrama da seguire, non si accorge dei soliti cliché del cinema americano, che più che essere rielaborati qui vengono messi in mezzo al film secondo i tempi prestabiliti, ma senza tutta la trama e la drammatizzazione di controno, la cosa spaventevole è che continuano a funzionare anche se decontestualizzati.
Giuro che non sono riuscito a capire se sono io che non ci sono arrivato, e che Richard Kelly aveva un messaggio da comunicare (e non mi sto riferendo a quello secondo, ma proprio al primo livello di lettura, che qui è molto più difficile da discernere dei secondi) oppure (come sospsetto) che il giovane regista americano si diverta a mettere tutto dentro il calderone e vedere un po' a caso cosa ne viene fuori, in questo caso sarebbe un autore di levatura superiore, perché nonostante questo riesce a costruire un film che funziona nel suo nonsense, nel suo procedere euristico, a voler comunicare un messaggio (anche politicamente delicato) e riuscire nel suo intendo riununciando ad una struttura rigida, ma allo stesso tempo rimanere ben dentro il cinema mainstream (non a caso i cattivi sono i neomarxisti). Mi piace pensare che Richard Kelly sia uno a cui piace vedere dove lo porterà il caso, quali forze si sprigionano dall'accostamento di sequenze e tronconi di storia suturati, dalle forme bellissime di un grande vetro che si scheggia, dalle forze del caso che entrano in gioco e rivoluzionano la nostra esperienza di visione; mi piace pensarla così, ma forse è solo uno a cui piace complicare le cose senza senso.
C'è poi un cast straordinario e la trovata della sceneggiatura di un film di fantascienza/azione (nemmeno troppo originale) che si rivela essere la realtà è uber. The Rock poi si rivela in tutta la sua bravura, sopratutto da quando vede il duplice omicidio e diventa il protagonista della sua sceneggiatura; vederlo con quegli occhi costantemente sgranati, l'aria spaesata, la faccia da ebete e le dita sempre ballettanti è un affronto a tutti coloro che lo credevano un semplice wrestler, The Rock è un vero attore, ed è pure un attore cazzuto, capace di dare un tocco leggero alle sue interpretazioni come di essere serioso e truce. Props anche per Sarah Michelle Gellar, anche se è un po' troppo soft per interpretare un'attrice hard.
Ieri avevi inziato a vedere pure Tutta la vita davanti dell'italianissimo Virzì, nemmeno male in alcuni punti (sopratutto quado lavora con pochi attori in campo e sui sentimenti) ma nonostante (o forse a causa) gli intenti (apprezzabilissimi per carità) didattici sulla situazione del precariato l'uso delle metafore e il linguaggio utilizzato è grossolano e provinciale (Stanis Larochelle direbbe tremendamente italiano), purtroppo non sono riuscito a vedere la fine del film perchè il mio lettore dvd si è rifiutato di leggere tutto il dvd noleggiato, ora vado da Videovip a lamentarmi e guardo se riesco a non pagare il noleggio.
Batman spacca le vetrate come Jackie Chan a Hong Kong e rovescia i camion come fossero AT-AT per le strade di Gotham City.
Christopher Nolan ci regala finalmente un film degno della sua bravura, della sua rilevantissima messa in scena, delle sue grandi capacità scenografiche.
E' dagli ambienti freddi e gemoetrici, vuoti e asettici, che ci presenta un Batman noioso, solo e drammaticamente serio.
Per fortuna che c'è Joker in questo film, Heath Ledger regge il film praticamente da solo ed è pressochè impossbile non fare il tifo per lui talmente è antipatico batman. Mi trovo sostanzialmente d'accordo con l'interpretazione politica che da
souffle, ma credo tuttavia che Joker non rappresenti tanto il noi (come singoli o in quanto società) ma sia invece l'incarnazione della gioia anarchica per la distruzione, il noi sono invece le persone sui due traghetti, che possiamo scegliere si di essere buoni o meno buoni (che poi la scelta di non far esplodere le navi sia un'imposizione produttiva mi sembra chiaro), ma siamo comunque soggetti al volere dei potenti (Batman Dent e Gordon), anzi, nella sua furia paritaria l'unico che può offrire un briciolo di riscatto è proprio Joker, che altri non è che il buon vecchio fantomas che si è travestito un'altra volta, si è fatto gli occhi neri e si è tinto la bocca, ma rimane il solito vecchio burlone assassino, che gode nella distruzione della società, che si fa beffa di ogni tipo di autorità, che semina il terorre per la città con le bande dei suoi impersonali apaches, che predilige le distruzioni spettacolari, che ruba senza aver bisogno di soldi, che trova l'essenza del suo agire (il divertimento) solo se messo di fronte al suo anatema.
Uscito dal cinema avevo la netta impressione che fosse un film vagamente destrorso, vendendo in batman una figura che per far rispettare il bene è costretto a cose terribili (la più terribile di tutte è l'invasione della privacy), ma ora a pensarci più a mente fredda credo che questo Batman voglia mettersi alle spalle tutto ciò: che voglia mettersi alle spalle le leggi liberticide, le violenze ingiustificate e che voglia dimenticare le torture e le deportazioni illegali: Batman si ritira, due faccie viene fatto apparire come un paladino della giustizia, ma è crepato, a Gotham City rimangono i cittadini (che sono quellil che non si sono fatti saltare a vicenda) e Joker, che è come un deo pagano, incarna delle pulsioni, vive tra di noi e si fa gioco delle nostre vite, ma è una componente ineliminabile della nostra esistenza, più cerchiamo in Batman (che è invece tangibile) un salvatore e più che Joker ne trae forza e sollucchero, diventa appunto capace di piegarci al suo amusement; l'unico modo per sconfiggere fantomas è quello di togliergli il terreno fertile di sotto i piedi o, sempre in metafora, bruciare tutta la foresta per acchiappare quel ladro di gioielli, tant'è che l'unica volta che Joker è visibilemnte rattristato è quando il popolo (i potenti invece non lo deludono mai) decide di non farsi saltare a vicenda, è li che si uccide Joker.
Ed è un film che si prepara molto bene, sopratutto è magistrale il modo con cui Dent è Due Facce, mettendo in scena fin da subito la monetina, mostrandolo come un egoista (la sua scrivania non ha una sedia per il suo interlocutore, Gordon è costretto a girarsi e cercarsene una) di cui pur nella sua buonafede non c'è molto da fidarsi, è tutto un personaggio costruito in funzione del trattamento che subirà da Joker, che non fa altro che dargli una spintarella verso il lato oscuro. Anche il personaggio di Batman (sicuramente il meno interessante fra quelli principali) rispetto al primo film (che
mi aveva disgustato) riceve una profondità maggiore, la consapevolezza di essere in fondo un personaggio negativo, un qualcosa che è ormai è opportuno mettere da parte, e tutto questo più che dalla recitazione di Bale (il doppiaggio italiano è FTL) è messo bene in chiaro dagli ambienti: stanzoni da dittature novecentesche.
Ci sarebbe poi da parlre delle scene d'azione, delle cose più belle e di quelle che mi hanno convinto leggermente meno (e ovviamente da ridimensionare l'esaltazione generalizzata) ma sono già andato tl;dr quindi terminerò dicendo che la rapina iniziale e la scena dove batman combatte anche contro i suoi sosia (che ci fa vedere bene come oltre a tutti i suoi problemi Batman se la deve vedere anche con dei pisquani che lo intralciano nel suo lavoro aumentando la sua frustrazione e il suo istinto violento) sono state probabilmente le due sequenze che ho gustato di più, gran bel film btw.
Ho aspettato da tempo questo film e nonostante siamo di fronte ad una buon blockbuster (almeno non è noioso) non riesco a difendere questo Hellboy 2.
Si potrà difendere il film in qualunque modo, ma nulla mi toglierà dalla testa che siamo di fronte ad una lotta senza vincitore fra la produzione e il ciccioso regista messicano, come se ogni sequenza fosse stata accuratamente contrattata tra le esigenze espressive di Guillermo Del Toro e quelle di botteghino, e come ho già detto il bilancio estetico è sicuramente in attivo, i combattimenti sono un po' freddi ma piacevoli, i cliche più abusati vengono spezzati o messi alla berlina quasi sempre e quando l'immaginazione di Guillermo Del Toro entra in azione è davvero un piacere da vedersi, anche se qui, e torniamo al problema di dualità del film, non si scende nel cupo e nell'ambiguo come ci sarebbe piaciuto vedere, si rimane sempre piuttosto cauti, cauti in tutto, e alla fine, nonostante le battute e le risate, il film è freddo.
E' freddo anche perchè laddove il regista messicano faceva del cinema d'azione lo faceva portando all'eccesso la tamarraggine e l'autoironia, due componenti utilizzate in modo giocoso e irriverente, facendoci digerire senza problemi e fatica i difetti e la ripetitività del cinema blockbuster, qui invece, sebbene queste due caratteristiche siano ancora ben presenti, sono state fagocitate dal mostro, che le ha rese innocue, edulcorate, formalmente poco interessanti.
Ma non è nemmeno questo, a farmi rimanere deluso dal film, sono altre le questioni principali, ma discendono direttamente dagli aspetti che ho messo in luce in precedenza: il primo è che mi sembra di aver assistito ad un lungo e divertentissimo trailer, ma che mi ha lasciato con nulla, ma proprio nulla, come se il meglio mi fosse stato celato per dispetto. Il secondo motivo è che si prepara il terreno per una lotta morale all'interno del personaggio (ce ne sono pochi che si presterebbero meglio) di Hellboy e viene questa accantonata bruscamente, e con un personaggio del genere e un regista capace di mostrarci tutte queste magnifiche creature non vedo perchè fermarsi alle battute sceme (che ho adorato bene intesi) e a gente resuscitata dall'amore che già aveva rotto le palle in matrix.
Il combattimento contro i soldati d'oro è molto fico, forse la scena d'azione più riuscita dell'intero film.
Non so se nessuno se ne è accorto ma fra le due mani di Hellboy è quella normale ad apparire come falsa e posticcia, la mano gigante si muove in modo molto più naturale ed è in linea con il resto del personaggio, la mano umana è quella del diavolo.
domenica, luglio 20, 2008
Ho finito ieri notte di vedere quest'ottima serie, due stagioni fino ad ora, sulla Roma delle guerre civili e della lotta potere, ed è una gran bella serie.
I personaggi e la storia dovrebbero essere conosciuti a tutti quelli che hanno la 5a elementare, non ci dilungheremo quindi oltre nel descrivere Cesare e Pompeo, Marco Antonio e Cleopatra.
Grande successo invece per i due personaggi popolari (di estrazione plebea) che seppur esistiti storicamente qui vengono ampiamente romanzati, arrivando a rivestire il ruolo di narratori interni alle vicende, nonchè portavoce dei problemi quotidiani: Titus Pullo e Lucius Vorenus, che giurando fedeltà a questo o quel comandante ci fanno assistere dall'interno alle vicende che hanno cambiato la storia dell'occidente e nonostante qualche ovvia licenza narrativa il loro essere risulta sempre piuttosto credibile, sia come romani che come soldati, forse è un po' eccessiva la facilità con cui arrivano a parlare a tutti i grandi personaggi, ma è anche un punto di forza della serie, grazie a questi due soldati la serie non si appiattisce sulla forma soap opera dell'aristocrazia, che non è che non sia presente, c'è tutta una sottotrama di intrighi di famiglie e odi tra consanguinei, ma visto che storicamente pare che fosse roba di tutti i giorni la loro visione non annoia, anzi, è proprio dalle parti non marziali e non politiche che vengono fuori i caratteri più interessanti e su tutti (questo è un gran colpaccio della serie) si staglia la figura di Ottaviano, che fin da ragazzino viene presentato come intelligentissimo e freddo calcolatore, dalla statura morale salda ma ambigua che fin dalle prime inquadrature vien voglia di chiamarlo Augusto.
Peccato che non ci fossero state decine di milioni di euro in più (sembra che sia stata la serie tv più costosa di sempre) perchè di tutte le battaglie combattute siamo fortunati quando vediamo 50 soldati per parte, il più delle volte le battaglie ci vengono solo raccontate, ed è un gran peccato perchè da quel poco che si vede sia l'armamento dei legionari sia il modo di combattere è filologicamente abbastanza corretto, con i soldati che si avvicendano in prima linea, con il combattimento in formazione chiusa, la
testudo e tutto quello in dotazione di un legionario romano.
Nella serie si tromba anche parecchio, tanto che la Rai ha dovuto censurare un po' di cose, comunque sia (ho visto la versione della BBC) non c'è nulla di eccessivo o esageratamente hard, anzi, i riti orgiastici sono pure troppo soft e spingersi oltre (almeno sul bere, sul mangiare e sul vomitare) era auspicabile.
Nella serie Bruto è uno stupido e Cicerone un antipatico incompetente.
Schizzi di sangue, ghigliottina volante, other crap.
Per i primi 5 minuti pensavo di trovarmi di fronte ad una cazzata e basta, che si sarebbe risolta fra qualche tamarrata più o meno valida e un po' di gore messo nei momenti salienti del film, mi sbagliavo di grosso. Più il film andava avanti e più il livello di stupidità e gore cresceva in maniera incontrollabile. La cosa strana, e che non mi riesco tutt'ora a spiegare, è che non ci si annoia a vedere torture e membra tagliate in continuazione, un po' perchè sono varie e spassose (la mano-tempura e la faccia-chiodi uber alles) un po' perchè l'ironia è sempre presente (sopratutto quando i personaggi fanno i seri).
Poi saranno stati 35 anni che non si vedeva una ghigliottina volante in un film e almeno 20 senza che ci fossero così tante shuriken, già per questo varrebbe una menzione d'onore fra i murdamoviez.
Per il resto divertimento a basso costo, sia per chi ha realizzato il film che per noi che lo guardiamo, e comunque il basso budget non è un peso, anzi; rende il film più godereccio e meno plasticoso, ho il sospetto che con più soldi ci si sarebbe fatti trarre in inganno da un uso sconsiderato del digitale, e invece il montaggio costruttivo (anche se delle volte si perde qualche passaggio) ci diverte e va a doppio passo con il sangue che spruzza da tubi di plastica.
Kekkoz mi ha messo la voglia di vederlo, come ai vecchi tempi.