
Quello che inizia a piacermi del cinema di Uwe Boll è il suo rimanere sempre in superficie, all'apparenza delle cose, fregandonese bellamente di ogni possibile (e in contesti normali auspicabile) introspezione psicologica, ma anche di una qualsiasi parvenza di spiegazione (in primopiano o sottotesto) o di logos.
Tutti quanti diranno che i film li fa così perchè è un idiota, e probabilmente hanno anche ragione, ma è innegabile tutta la sua passione nel fare un qualcosa (i film) contro la critica e gli altri registi, ma anche contro il pubblico, che lo denigra e lo biasima (fors'anche più della critica e degli altri registi, che preferiscono ignorarlo) costantemente, ormai più per partito preso chè per reali demeriti del regista tedesco.
E allora possiamo dire che questo Seed è un divertente e (a seconda delle skillz del vostro stomaco) pure disturbante Torture Porn che mette in scena un serial killer grassoccio, con una maschera e psico, dei poliziotti che provano a fargli la festa e lui che si vendica di uno a uno dopo che la sedia elettrica ha fatto cilecca tre volte di fila (e quindi si suppone secondo una legge che non esiste ma che il nostro regista mette in testa al film). A livello narrativo e drammatico c'è davvero pochino di interessante, ma per fortuna a livello visivo le cose si fanno alquanto positive.
Mentre lo guardavo mi stavo convincendo del fatto che fosse stato girato alla velocità della luce, seppur la macchina traballante e intere sequenze con la macchina a spalla siano in qualche modo contestuali ai fatti narrati, quando vedi che invece di fare un taglio si preferisce far muovere a destra e a manca l'operatore vuol dire che si vuole fare presto; ho avuto un certo piacere nello scoprire che la produzione procedeva a ritmi impressionanti.
Visivamente abbiamo quindi un serial killer con un cencio sporco in testa che avanza nell'oscurità fra tappezzerie retrò (il film è ambientato negli anni settanta, ma con le vhs in tutte le case) e quadri riassestanti, dove non c'è nulla da vedere se non la cronistoria di un serial killer messo su la sedia elettrica e della sua vendetta verso i suoi aguzzini, non c'è spazio (nelle immagini) per nessun tipo di moralismo, ripensamento, titubanza sui personaggi, è un gioco al massacro che si preoccupa di tenere interessati gli spettatori tanto quel basta per farli rimanere davanti allo schermo, certi che il massacro (dovrebbero essere veri quei massacri, sono video della PETA) degli animali visto in testa al film getti sul resto delle violenze un'ombra di verosimiglianza che ci faccia empatizzare di più con le vittime di fiction (ma questo è rimesso alla vostra sensibilità).
Su tutto il film poi c'è una scena che meritebbe un leone d'oro a Uwe Boll alla carriera, sto parlando di quando il nostro serial killer inizia a tirare delle martellate (prima piano, poi sempre più decise, fino a mimare quasi una partita di tennis) in faccia ad una sconosciuta (nel senso che mi sembrava fosse la prima volta che appariva nel film), totalmente sensa nesso narrativo con il resto del film (se non quello di mostrarci ulteriormente la brutalità del serial kller, ma di cui ci eravamo già assicurati in precedenza): una ripresa in continuità di alcuni minuti dove l'unica cosa che si concede Uwe Boll è un deciso vibrato dell'immagine all'impatto delle martellate più dure.
Bene, quel breve ma deciso vibrato dell'immagine (in un film dove l'uso del mezzo in modo significante è veramente basso) è tutta la partecipazione emotiva di Uwe Boll con il proprio serial killer, Uwe Boll è Seed.
Ora, se avete avuto la pazienza di seguirmi in questi miei discorsi possiamo arrivare ad affrontare quello che per me è la natura del film: tenendo presente che Uwe Boll è un tizio sanguigno, a cui piace fare a botte con quelli che gli dicono che fa film brutti, direi che questo Seed è stata la sua vendetta privata, sentita necessaria e quindi girata anche in ristrettezze di tempi (e probabilmente anche di soldi) noncurandosi degli spettatori, i quali più che aggrediti vengono ignorati, ci se ne cura giusto il minimo per costringerli a non interrompere la visione, ma li si massacra lì dove gli altri torture porn (e sto pensando agli hostel e agli enigmisti che ho visto) indulgevano: non si spiega, non si finisce, non si risolve un bel niente, tutto è li a vedersi nel suo schifo, dall'inizio della reclusione fino alla decomposizione coi vermi, poi non c'è nessuno che liberi, nessuno che spieghi, nessuno che ci assicuri che quello che abbiamo visto non potrà mai capitare a noi, e non perchè Uwe Boll avesse avuto voglia di giocare con il genere o perchè non abbia avuto l'accortezza di creare un prodotto più commerciabile, semplicemente non gli interessava. Il suo obbiettivo era una vendetta contro di loro, contro il pubblico, contro i critici: li ha iniziati a torturare, poi se ne è andato lasciandoli a morire dissanguati senza nessuno che venga a dare il colpo di grazia, senza nessuno che venga a salvarli, quando conclude la sua vendetta contro il pubblico di giovanissimi (che lo denigrano ma poi guardano i suoi film) e contro il pubblico più sgamato (che lo snobbano perchè fa film brutti) lui non si preoccupa di finire il film, perchè si conclude in sè, nel momento che il serial killer finisce la sua vendetta si compie anche quella di Uwe Boll verso i suoi detrattori, la violenza è liberatoria, non c'è bisogno di annoiarsi con qualasiasi cosa che sarebbe stata ormai un perdipiù. E la stessa vendetta è contro ovviamente anche i critici, ai quali lascia infinito spazio per l'invettiva e larghe crepe sulle quali arrampicarsi, ma i quali, accecati dalle crepe e dal sudiciume dei muri non riusciranno mai a vedere la reale grandezza dell'unico fottuto genio in questo cazzo di business.