Da Garrone mi aspettavo qualcosina in più, anzi, ad essere sinceri mi aspettavo il film sulla malavita più bello che si fosse mai prodotto in Italia, ora che ci penso due secondi non mi viene in mente niente di meglio, ma tantè che ugualmente rimango leggermente insoddisfatto di Gomorra. A parte l'insistenza di tenere a fucoo il soggetto e sfuocato il resto (per farci capire quanto siano cechi e egoisti questi personaggi?) e il procedere per lunghe riprese in continuità che non hanno nè di necessità nè di virtuosismi il film non riesce a conquistarsi una sua scioltezza, il tutto è imbrigliato in un alone di rigidità che non fa bene a nessuno e che sopratutto sotto al quale non si riesce a sviluppare bene quel senso di controllo totale e di disagio endemico in cui il film sembra puntare. Sicuramente la scelta di portare il tutto su di un registro realistico è da elogiare e ci vengono donate anche un paio di sequenze di drammaticità altissima e non si arriva mai (per fortuna) nel poliziesco da fiction o all'imbonimento del pubblico (tranne forse il ragazzo che se ne va e lascia il boss dei rifiuti da solo); ma nonostante ciò, e nonostante che il film mi sia anche piaciuto, e parecchio, sono stato deluso dalla violenza e dalla carnalità. Il cinema di Garrone nei due film precedenti era un cinema capace di terrorizzare a livello viscerale lo spettatore, terrorizzandolo mettendo in scena ben poca violenza, in questo Gomorra invece, benchè di morti sparati se ne contino a decine, non riusciamo quasi mai a sentire il terrore di quella violenza, forse qui, il pur sempre ottimo Garrone, ha concesso qualcosa di troppo allo spettatore, forse da qui, quel senso di rigidità che ho imputato al film.
Lei è autistica, picchia tutti per riscuotere i soldi che dovevano a sua mamma, ora malata di cancro e senza un soldo.
Yanin "Jeeja" Vismistananda è davvero un qualcosa di speciale, e la sua grandezza va oltre quello che performa. Senza dubbio molto preparata, nonostante non riesca mai a stupirci per quello che fa riesce a combattere in un modo davvero unico. La sua forza sta tutta nella velocità e nella precisione, si muove con un eleganza sorprendente, riesce ad essere brutale e spietata senza perdere lo yang, è un dono unico. L'altro grande suo pregio è quello di saper combattere in modo ironico, riesce a comunicare con l'ultima finta, con la schivata prima di attaccare, un certo tono di riflessività, direi consapevolezza, ma non è assolutamente nell'azione che esegue, sono il suo movimento e la sua prensile plasticità che ci passano tutta la gioia che il suo corpo sprigiona nella performance, vederla combattere è una commedia. Panna Rittikrai anche qui da segno di essere il coreografo/stunt director più all'avanguardia del panorama mondiale: riesce a rendere sempre interessanti e fighi i soliti 4 calci che ci propone dal 2003, ditemi voi se non è bravura questa. La regia e la scrittura invece non mi hanno convinto per niente, posso anche condividere la scelta di far aspettare così tanto prima di entrare in azione, e posso capire anche il dovere/necessità di proporre Yanin "Jeeja" Vismistananda (adoro copypastare questo nome) come l'erede di Bruce Lee (la fabbrica di ghiaccio e gli urli irresistibilmente sexy di Yanin "Jeeja" Vismistananda) e di Tony Jaa (guarda i suoi film in tv) ma imho ha completamente travisato l'epicità della forza che aveva a disposizione. Invece di puntare sul melò si doveva alleggerire: far rimanere i cattivi cattivissimi ma svuotare le motivazioni degli uni e degli altri (un po' come nel bellissimo Born To Fight di Panna Rittikrai) in modo da far emergere tutto il potenziale ludico di Yanin "Jeeja" Vismistananda. Anche il combattimento contro il "monkey king" (l'attore direi che ad occhio e croce dovrebbe essere un ballerino di brak dance molto preparato oppure uno misto di caopeira e giallusate varie), l'unico mi pare duello del film, è imho totalmente sbagliato. Non sto ovviamente dicendo che sia brutto, ma la decisione di replicare l'effetto toshiro di ong bak è sbagliata. Yanin "Jeeja" Vismistananda non la vediamo mai apprendere nulla, tira due calci ad una trave da bambina e poi da grandicella è già pronta ad ammazzare tutti; facendomi vedere che impara a conoscere l'avversario me la sminuisce e basta, lei è già più forte e più furba di tutti gli altri, è quello che ci hai detto per tutto il film, ora perchè mai dovrebbe imparare qualcosa da uno che si muove come un deficente? Anche la scelta dell'uso del digitale nel combattimento finale non è stata apprezzata molto. Il motivo qui è più emozionale che intellettuale, gli effetti visivi si fanno sentire troppo, ne perde la credibilità degli stunt eccezionali.
Beh, in giro nei commenti di ohdaesu ho letto di persone che si lamentavano delle blatte e delle anguille ammazzate nei film della genki-genki...in Thailandia per il nostro divertimento cinematografico sono disposti a sacrificare umani, altro che anguille e blatte.
Di solito sono sempre abbastanza netto e risoluto nei miei giudizi sui film, ma per questo iron man mi trovo nell'indecisione. L'indecisione di decidere se un film che pure mi ha diveritito a tratti ma che presenta un sostanziale azzeramento di tutto ciò che non sia "questa è una scena cool" possa essere considerato un buon film. Probabilmente no, probabilmente ha ragione Uwe Boll, questi film sono fichi semplicemente perchè ci stanno 200 milioni di dollari dietro e un uberteam di artisti visivi e effetti speciali, a riprova di questo c'è il fatto che non si vede una regia, ma anche questo, in un film del genere, non è necessariamente un male. Allora a cosa possiamo imputare questa mezza riuscita del film? Alla noia, ci si annoia, e questo è un male, ovviamente nelle "questa è una scena cool" la noia viene tirata via, ma riaffiora minacciosa alla scena di raccordo successiva; solo Robert Downey Jr. tiene su il film, ed è vero quello che ha detto che solo lui poteva fare Iron Man, riesce a rendere simpatico e in fin dei conti umano un personaggio molto antipatico, ma un po' come il nostro presidente del consiglio è un personaggio nel quale ci si immedesima bene, su su, chi non ha pensato di voler essere stark? E non mi sto riferendo al desiderio geek di avere e indossare quell'armatura, che pure c'è. Spiderman e Superman sono ormai ridicoli nelle loro tutine, Batman è troppo un poser per potercisi immedesimare e Hulk è verde, Iron Man è quello che vorremmo e potremmo anche essere. Poi c'è come il sospetto legittimo che sia tutta una markettata per far vedere insomma che se pure dei problemi ci stanno la parte degli sbirri del mondo è meglio se la continuano a fare gli americani. Iron Man è l'america che prende coscienza che la sua potenza militare è fallibile nel mantenere una pax e che quindi la soluzione è armarsi meglio, armarsi di più e armarsi solo loro. Paradossalmente la parte che mi è piaciuta di più è quella meno cool, quella dove lui è in Afghanistan, per il resto rimaniamo ancorati ad una struttura che inizia un po' a essere ripetitiva, sono convinto che possiamo sostituire il setting e i personaggi di questo film a The Incredible Hulk e la storia sarà più o meno la stessa. Cmq poi anche sulle scene cool avrei qualcosa da ridire, presente la scena dove si veste iron man con la mark3 per la prima volta? Beh, viene ownata malamente da questa clip.
Vi siete mai ritrovati ad una festa a parlare di un documentario su di un font mentre il resto delle persone fa quello che si fa di solito ad un festa? Se lo avete fatto il vostro nerd rating sarà aumentato sicuramente.
Ma malgrado le apparenze questo documentario è nerd solo tangenzialmente, oltre ad essere una fonte di informazioni interessanti davvero notevole, sia a livello visivo che per quanto riguarda il contenuto delle interviste, questo documentario ci si mostra come una sorta di storia di come ci è apparso il mondo (urbano) e la sua cultura negli ultimi 50 anni, dalla nascita del font Helvetica appunto. E si parte dall'idealismo postbellico, la volontà di mostrare le cose in modo neutro, democratico e sopratutto chiaro e immediatamente comprensibile per arrivare all'uso aziendale che se ne è fatto negli anni 60-70 e poi la reazione postmoderna e pastrocchiosa dei due decenni successivi per arrivare alla "restaurazione creativa" dei giorni nostri. Il pregio migliore sta proprio in questo, di farci vedere come è cambiato il mondo attraverso le scritte: sentiamo parlare pezzi grossi (tutt'ora non ho idea di chi cazzo siano) della tipografia e della grafica mondiale (in maggioranza germanici o di origine, forse per ragioni puramente produttive, ma forse proprio perchè un font così secco e razionale non poteva che nascere e proliferare nella cultura crucca) che ci spiegano le ragioni del loro amore (o avversità in misura minore) verso questo font che è l'essenza della grafica done it right mentre l'ottima regia di Gary Hustwit, con un discreto gusto visivo, ci mostra le scritte in helvetica in giro per il mondo. Come la lettera di quel famoso scrittore americano non ti accorgi della massiccia presenza/ingerenza del font pur avendolo sempre sotto gli occhi: Gary Hustwit e le sue interviste riescono a farci vedere quello che ci passa sempre davanti senza che ce lo cachiamo; ma che, questo uno dei concetti chiave espressi più e più volte ne film, comunica ben oltre il contenuto del testo.
Se Cocaine Cowboys era probabilmente il documentario più bello del 2006 non ho visto niente di meglio di questo Helvetica per il 2007.